Ho preparato questo testo per un concerto da me diretto il 17 Febbraio 2015 con L'Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano, nella serie Discovery. La serata prevedeva una introduzione storico/critica con esempi musicali. Parte del testo che qui sotto riporto era destinata al libretto di sala, parte alla mia presentazione orale prima dell'esecuzione delle opere musicali.
Il programma era il seguente:
Gustav Mahler - Blumine, movimento
sinfonico (1883-1888)
Arnold Schoenberg - Kammersymphonie II op.38
(1906-1940)
Franz Schubert/Anton Webern - Deutsche
Tänze D820 (comp. 1824 - arr. 1931)
Erich Wolfgang Korngold - SUITE aus Shakepeare
"Viel Lärmen Um Nichts" op 11 (1918)
Pubblico ora qui il testo, pensando che forse potrebbe interessare in particolare a chi volesse leggere una abbastanza approfondita descrizione formale della II Kammersymphonie op.38 di Arnold Schoenberg, e le note storico-biografiche su Erich Wolfgang Korngold. Buona lettura!
Scrive Stefan Zweig, nel suo libro
“Il Mondo di Ieri”:
Il tempo in cui son
cresciuto fu l'età d'oro della sicurezza(...)Tale fede in un «progresso»
ininterrotto ed incoercibile ebbe per quell'età la forza di una religione (...)
ma noi che nel nuovo secolo abbiamo imparato a non lasciarci più sorprendere da
alcuno scoppio di bestialità collettiva, noi che dal domani aspettiamo ancor
più atroci eventi che dall'ieri, siamo ben più scettici circa la perfettibilità
morale degli uomini. Noi fummo costretti a dar ragione a Freud, allorché egli
riconobbe nella nostra cultura e nella nostra civiltà solamente un sottile
diaframma, che ad ogni momento può essere sfondato dagli impulsi distruttivi
del mondo sotterraneo (...) Oggi, dopo che la grande bufera lo ha frantumato,
sappiamo definitivamente che quel mondo della sicurezza è stato un castello di
sogni.
Due brevi opere di Mahler e di Schubert, numi
tutelari e universali della viennesità musicale, sono in questo concerto la
dorata e commossa cornice del confronto analitico e parallelo che svolgeremo
tra altri due compositori, Arnold Schoenberg e Erich Wolfgang Korngold,
entrambi figli di quella stessa città, nati nella età dell’oro della sicurezza evocata da Zweig e poi, ciascuno a suo
modo, interprete della krisis e del
tramonto di una certa civiltà mitteleuropea che sembrava destinata a essere
rappresentata per sempre dall’impero austro-ungarico. Schoenberg e Korngold si consideravano eredi e continuatori della
tradizione musicale europea, che rivendicavano come humus comune, al di là delle divisioni estetiche. Le loro vite
corsero parallele, anche nel comune destino da emigrati negli Stati Uniti dal
1933/34, ma le loro carriere ed esiti artistici risultarono alla fine opposti:
l’uno fu il controverso e discusso capofila della Nuova Musica, le cui
invenzioni non hanno ancora smesso di influenzare le avanguardie di oggi;
l’altro seppe interpretare e rinnovare la tradizione con minore radicalità di
linguaggio, ma divenne a sua volta un capofila e un modello ancora oggi imitato
nell’applicare la musica alla nuova arte popolare del cinema hollywodiano.
Tra tonalità e serialismo, tra avanguardia e conservazione, il
dibattito continua ai giorni nostri, a un secolo e più di distanza.
Ma io ho voluto iniziare da Mahler,
perché questa sera vorrei che noi tutti insieme ci lasciassimo affascinare
- e anche magari un po’ stregare - dal profumo di una Vienna che non c’é più e
che non é quella giustamente celebre del concerto di Capodanno, ma quella
melanconica e nostalgica che tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo
presagisce l’ inevitabile tramonto della cosiddetta Felix Austria: ma che dal fondo di questa crisi di identità estrae
miracolosamente una delle più potenti rivoluzioni culturali, filosofiche e
artistiche della Modernità, cariche di scoperte e innovazioni che non hanno
ancora esaurito il loro effetto ai nostri giorni.
Quale migliore compositore dunque, se non Mahler, per introdurre
questo profumo di nostalgia un po’ malata per un mondo vagheggiato, nel quale
l’Uomo e a Natura, la Vita e la Morte siano infine riconciliati dal suono di
una melodia semplice e tenera che ci fa perdere in una estasi aurorale fuori
dal Tempo e dalla Storia?
1- Gustav Mahler - Blumine, movimento sinfonico (1883-1888) 8'
2.2.2.2 - 4.1.0.0. - Timp - Arpa - Archi
Blumine faceva parte della prima versione della
I Sinfonia, composta tra il 1884 e il 1888, ed era il brano centrale dei tre
che componevano la prima parte della Sinfonia stessa, che nel Programma
poetico sottinteso l’autore aveva intitolato Aus den Tagen der Jugend (Dai giorni della gioventù). E’ un
ispirato idillio in forma di romanza, o serenata tripartita, nella altrettanto
serena tonalità di do maggiore. Secondo qualche musicologo l’ispirazione a
comporre Blumine sarebbe venuta a
Mahler durante uno di quei suoi
periodi – non infrequenti per la verità! – di innamoramento: in questo
caso, pare per una graziosa e biondissima soprano del Teatro Reale di Kassel,
una certa Johanna Richter. Infatti
é l‘autore stesso a descrivere in una lettera a un amico di averlo composto in
soli due giorni, e di averlo
fatto in uno stato di rapimento e
di felicità. Cionondimeno, dopo l’esposizione curiosamente affidata alla
cornetta in Fa, in una atmosfera per la verità più bucolico/alpestre che
erotica, (!!) l’episodio centrale
in la minore é più drammatico e si snoda intorno a un dialogo tra l’oboe solo e i contrabbassi, in una
atmosfera tipica del Mahler più cupo e disperato.
Le ragioni per le quali
Mahler decise quasi subito di espungere Blumine
dalla Sinfonia sono molteplici;
forse a causa di alcuni critici che lo avevano curiosamente definito
“triviale”; forse perché l’inciso
iniziale della tromba é lo stesso del Tema nel finale della I Sinfonia di
Brahms, e temeva di essere accusato di plagio?; forse – e questa é probabilmente
la ragione più forte – perché non sembrava più coerente con la struttura della
Sinfonia, una volta che l’autore ebbe deciso di cancellare dalla partitura
anche i titoli programmatici .
Fatto sta che la partitura fu perduta per lungo tempo, perché Mahler
l’aveva donata a una sua studentessa americana (chissà che anche in questo caso
non ci fosse qualcosa più della semplice simpatia?), Jenny Feld Perrin, e gli eredi la custodirono fino a quando nel 1959 la misero all’asta!
L’acquirente, James Osborne, generosamente la donò alla Università di Yale,
dove fu scoperta nel 1966 dal musicologo Donald Mitchell dentro il
manoscritto–copia della versione di Amburgo della Sinfonia, contenente appunto
il movimento Blumine.
Veniamo ora al nucleo vero e proprio di questo concerto, che consiste nella giustapposizione critica di due eminenti compositori Viennesi, dalle storie opposte ma in un certo senso parallele: Arnold Schoenberg e Erich Wolfgang Korngold.
Forse sarebbe più coerente intitolare questo singolo concerto una RE-discovery, in quanto i due autori non
sono certamente autori contemporanei, essendo nati entrambi a Vienna alla fine
del XIX secolo: 1874 Schoenberg, 1897 Korngold. E altrettanto certamente non
sono degli sconosciuti; ma rimangono in Italia poco frequentati, e su di
loro si sono stratificati nel
tempo dei giudizi un po’ approssimativi. Dunque non sarà un concerto di musica contemporanea (e forse qualcuno ne sarà felice!!), ma la proposta di due opere rare che simboleggiano
esemplarmente la frattura del
linguaggio musicale che all’inizio del Novecento contrappose i compositori
conservatori della tradizione classica e romantica europea a quelli che
cercavano un rinnovamento della musica nella direzione della atonalità prima,
della dodecafonia poi.
Non a caso abbiamo scelto due autori viennesi, perché Vienna, la
grande capitale politica e culturale, fu come tutti sappiamo nei primi anni del
secolo il teatro delle più importanti correnti culturali europee, e in essa
convivevano negli stessi anni i principali esponenti delle diverse
tendenze artistiche.
E’ una ovvietà dire che per poter comprendere appieno, e non solamente
con un ascolto curioso e aperto ma sostanzialmente acritico, la musica contemporanea (cioé, quella che scrivono
veramente OGGI gli autori viventi)
é utile conoscere almeno a grandi
linee le ragioni della frattura da cui é nata quella che ancora oggi
qualcuno, con un curioso equivoco cronologico, chiama musica contemporanea, riferendosi a opere che
ormai risalgono a 100 e più anni fa! Il nostro concerto intende
dunque essere un piccolo contributo di conoscenza, focalizzato su due grandi
maestri che, pur appartenendo allo stesso mondo geografico e culturale,
pur essendo entrambi di origine ebraica e quindi entrambi emigrati negli Stati
Uniti quasi contemporaneamente (nel 1933 uno, nel 1934 l’altro), hanno avuto
due vite e due percorsi artistici
singolarmente opposti.
Presenteremo per prima la II KS di Sch., accompagnandone
l’introduzione storica e la descrizione formale per brevi cenni e con esempi musicali.
2- Arnold Schoenberg - Kammersymphonie II op.38 (1906-1940) 24'
2.2.2.2
-2.2.0.0. - Archi 12.10.8.6.4
I primi abbozzi furono iniziati il 1 agosto 1906,
(battute 1-143 e 166-251)
subito dopo la composizione della I KS op. 9 con la quale l’autore iniziava ad
abbandonare la temperie postromantica dei suoi precedenti lavori, quali ad
esempio il sestetto per archi Verklärte Nacht, e si avviava all’allargamento
indefinito del campo tonale.
Quasi subito infatti la composizione si interruppe, e fu ripresa inutilmente più volte: nel 1911, poi nel 1916,
fino al suo completamento finale nel 1939, cioé 33 anni più tardi. Una vita! Non per
nulla Glenn Gould ha chiamato quest’opera un
fastidioso scheletro nell’armadio
musicale di Schoenberg !
Quale era il problema che prese tanto tempo per essere risolto?
Il problema della prima
fase compositiva era trovare la via giusta per uscire dall’armonia tonale, che
Sch. riteneva ogni giorno di più un esito indispensabile, storicamente
necessario. Raggiungere la piena padronanza dei mezzi tecnici per fare questo
cambio di linguaggio fu un processo lungo e faticoso. Sch. dichiarava in una intervista: Al tempo della I KS comporre era un grande piacere. Il lavoro andava
avanti facilmente e sembrava così convincente, che ero sicuro che il pubblico
avrebbe reagito spontaneamente e
positivamente alle melodie e ai sentimenti, trovando questa musica così bella come io la sentivo.
“In tempi recenti é diventato
invece un dovere verso me stesso. Non era più questione di piacere personale.
Io ho un compito, una MISSIONE.. non sono che l’altoparlante di un’idea”.
Ci sarebbe da riflettere su questa
concezione del lavoro dell’artista come una sorta di missionario laico
per l’affermazione di un’ Idea. Dovere versus Piacere.
Sch. sentiva di far interamente
parte della tradizione classica, e si ispirava ai grandi maestri quali Beethoven e Brahms
(quest’ultimo da lui
particolarmente ammirato per la grande sapienza “architettonica”).
Riteneva che il compito
dell’artista fosse di rinnovare il linguaggio dell’Arte, guardando al futuro come il luogo dell’utopia e
della libertà. In questo aveva molto in comune con l’ideale
romantico-illuminista Beethoven; ma da lui forse lo differenziava un empito
quasi mistico di fede nell’istinto profondo che sa scoprire la Verità nascosta
nella psiche. Non a caso Sch. viveva in quella stessa Vienna nella quale il
dottor Freud scopriva, negli stessi anni, l’importanza dei processi psichici sulla vita degli individui.
Già fino dal 1911 il linguaggio di denso
cromatismo post-wagneriano col quale era stata concepita la II KS era diventato
per lui il simbolo di un fallimento
del passato, e l’unica possibile alternativa che appariva credibile ai suoi occhi a quel tempo era il passare all’Atonalità.
L‘intensa emozionalità dello stile liberamente atonale e atematico
delle opere composte nel frattempo (Erwartung,
e altre) avevano condotto Sch. in un cul-de-sac. Il linguaggio
espressionista era una solo temporanea soluzione del problema.
Per un certo periodo l’Autore pensò quindi di trasformare l’opera in
un melologo, associandole un testo proprio, intitolato Wendepunkt (punto di svolta), nel quale analizzare la propria empasse creativa. Sarebbe forse stato
una interessante testimonianza artistica di un creatore che indaga su
procedimenti razionali e irrazionali che direzionano la propria ricerca. Una
specie di autoanalisi pubblica, attraverso la creazione di un Opera. Il
progetto del melologo però venne abbandonato, per comporre altri lavori di più immediata urgenza espressiva.
Ma lasciamo un attimo questo
problema estetico e proseguiamo nella tormentata vicenda della composizione
della II KS.
Il 12 Dicembre 1916 Sch., in una lettera a Alexander Zemlinsky, suo
maestro e amico, scriveva: “ho deciso di
completare la mia II KS che ho iniziato nel 1907. Due movimenti sono stati scritti, uno é completo tranne le battute finali, l‘altro é
finito a metà. Ho intenzione di fonderli in un
solo movimento. Poi vorrei
scrivere una seconda parte, ma é sempre
possibile che io abbandoni il
progetto”
Secondo la maggior parte dei musicologi e dei critici la II KS “rappresenta una regressione. Né la sua
armonia può essere guardata come un passo avanti verso la dissoluzione della
tonaità”.
Ora, proprio questo a me sembra un esempio tipico dell'atteggiamento che pretende che la
storia della Musica abbia un andamento teleologico, come seguendo la freccia del tempo verso le magnifiche sorti e
progressive.
Per quale motivo la dissoluzione della tonalità dovrebbe rappresentare
un progresso in assoluto? In Arte non é
come nella scienza: le conquiste non migliorano la vita come fa un nuovo farmaco o una
scoperta scientifica.
In Arte é un continuo ritornare
sui propri passi per adattarsi al mondo che cambia, e non é mai meccanica la
relazione tra lo sviluppo delle tecniche compositive e il progresso.
A volte per dire cose importanti per il proprio tempo occorre invece
riscoprire tecniche e procedure del passato, rileggendole alla luce del
presente. Lo disse, una volta per tutte, Giuseppe Verdi
in una sua celebre sentenza: Tornate all'antico, e sarà un progresso.
Quindi la II KS, al contrario della I, “accetta” di rimanere nel
campo (pur allargato) delle relazioni
tonali piuttosto che cercare continuamente di evaderne come faceva la I
KS. Le dissonanze che contiene derivano semmai dal moltiplicarsi di appoggiature, ritardi, sospensioni e
ambiguità armoniche ottenute attraverso scivolamenti cromatici, prevalentemente
nella voce del basso, che permettono di modulare verso toni lontani senza
passare attraverso il processo tradizionale di preparazione e risoluzione
accordale delle modulazioni. Questo processo é stato definito affine a quello usato da Anton Bruckner, il grande sinfonista
austriaco che visse a Vienna i suoi ultimi anni fino alla morte nel 1896, e
che il giovane Schoenberg, nato nel 1874, certamente ebbe modo di conoscere e di subire il fascino del
cangiante tessuto armonico
bruckneriano.
Infine, nel 1939, quando Sch. era già da anni in USA, arrivò
l’occasione giusta per terminare finalmente il lavoro. Una commissione dal
direttore Fritz Stiedry per la sua orchestra New Friends in Music, a New York. Ma
le difficoltà di conciliare il suo
stile giovanile di tanti anni
prima con l’evoluzione del suo
linguaggio, giunto ormai alla piena maturità del sistema dodecafonico sviluppato
nel frattempo, rimanevano, e sono
testimoniate da una lettera che SCH. indirizzò al direttore d’orchestra:
Durante l’ultimo
mese ho lavorato a completare la II KS. Ho impiegato la maggior parte del tempo a cercare di capire “che cosa voleva dire l’Autore. Dopotutto, nel
frattempo il mio stile é
diventato molto più profondo e oggi ho molte difficoltà a sviluppare le idee
musicali che scrissi tanti anni fa senza troppo pensarci su, fidandomi del mio
senso della forma: esse non sono più conformi alla mia attuale esigenza
di un alto grado di logica
visibile . Il mio materiale é molto buono: espressivo, ricco e interessante. Ma
bisognerebbe svilupparlo nel modo come ero capace di fare all’epoca.”
In un altra lettera a Stiedry, non datata, si legge che Sch. pensava
di aggiungervi non solo un terzo
movimento, dei quali esistono degli schizzi
preliminari, ma anche un quarto e un quinto!
Finalmente, e non senza molta fatica, la II KS viene completata nella sua forma
attuale in due movimenti, con una ripresa del I nella coda del II, e il linguaggio armonico trova finalmente
una concilazione tra l’impianto tonale della concezione originale e l’acceso
cromatismo di quella finale, attraverso un uso sapiente delle ambiguità tonali
e degli accordi per quarte, che l’autore usa, insieme ai già citati
scivolamenti cromatici, non più come strumenti per uscire dalla tonalità, bensì
questa volta come passepartout per
modulare agilmente fra campi tonali molto
lontani.
La musicologa Catherine Dale, alla quale devo ampi stralci di questa
introduzione, ha scritto con una felice formula: “Se la I KS può essere
considerata come profetica nella emancipazione della DISsonanza, la II Ks
potrebbe essere considerata invece come la conquista dell’emancipazione della
CONsonanza.”
Infatti il
linguaggio armonico di Sch. a partire dalla seconda parte degli anni ’30 era tornato più volte a sperimentare un uso libero
della tonalità, insieme ad altri sistemi armonici. Sch. paragona il suo lavoro a quello
dei grandi maestri del passato, e argomenta che così come Haydn, Mozart,
Beethoven, Brahms usavano spesso il contrappunto antico inserendo fughe, canoni
all’interno delle loro
composizioni essenzialmente
omofoniche, allo stesso modo lui stesso combinando tonalismo e serialismo
poteva accrescere il potenziale espressivo della sua musica. In una lezione
tenuta all’Università della California intorno al 1940 dichiarava “c’é ancora tanta bella musica da scrivere
in Do maggiore!”
Vediamo più da vicino la KS, con
alcuni esempi musicali .
L’opera, nella sua forma finale, si compone di solo due movimenti: un Adagio in Mi bemolle minore dal brumoso
clima postwagneriano, malinconico e drammatico; un Allegro con fuoco in 6/8 in sol maggiore dal carattere di vivace danza popolare.
IL I MOVIMENTO, in mi
bemolle minore si può definire un Lied in
forma tripartita, con ben quattro motivi tematici principali e una Coda.
IL I° TEMA del I movimento
é esposto dal flauto, ed é
costituito da una nobile melodia molto espressiva, basata principalmente su intervalli di
5° e di 2°minore. La frase si compone di vari incisi concatenati con perfetta logica
discorsiva , come un pensieroso soliloquio con commentari e riprese interne, e
conclusione finale sul mi bemolle della tonalita d’impianto .
*1 (solo flauto) battute 1 -11
Ascoltiamo ora la stessa frase con l’accompagnamento dell’orchestra, e
consideriamo come l’armonia sia
particolarmente instabile e passi attraverso varie sfumature impreviste, per
poi tornare alla tonalità
principale di mi bemolle minore, dopo peripezie molto espressive.
*2 (tutti) battute 1 -11
il II° Tema appare quasi subito, nella tonalità principale, ed é
esposto dai violini. Consiste di una lunga melodia
elaborata che termina nel registro
acuto.
*3
(violini primi) battute 11-19
Alla presentazione di questo secondo tema segue una parte “di
transizione” intensamente contrappuntistica durante la quale appare un ulteriore inciso tematico,
che i critici trascurano ma sul
quale io vorrei attirare la vostra
attenzione perché é un “oggetto” molto breve, ben caratterizzato, facilmente
memorizzabile e riconoscibile, che Sch. usa intensivamente come elemento
di contrappunto.
E’ introdotto dai celli/bassi
e dai violini, in
imitazione.
*4 (celli/bassi e violini) battute 23-31
A questo punto Sch. ha già messo insieme una notevole qualtità di idee musicali, che sarebbero già
sufficienti per allestire un lungo movimento sinfonico, secondo le regole
classiche della composizione tonale.
Ma non contento, fa comparire un secondo gruppo tematico, costituito
da due temi esposti in successione
nel breve giro di poche battute:
- un III tema molto
nobile e cantabile, dal carattere
vagamente wagneriano,
presentato dalle viole in
un tempo Poco più mosso
.
*5 (tutti) battute 53-62
E subito dopo, il IV tema, esposto dai violini, dal capriccioso
profilo cromatico che potrebbe richiamare il Bartòk della Musica per arpa
archi celesta e percussioni (che vide
però la luce a Basilea nel 1937). Qui é da notare il carattere per la
prima volta molto vigoroso della
musica, con la discesa cromatica dei bassi con pesanti accenti. ritmici
*6 (tutti) battute 62-67
Segue un primo esteso episodio di “sviluppo” o “ commentario” , nel quale il III e IV tema sono ripresi più volte, in contrappunto, dalle varie sezioni dell’orchestra. Da
notare in questo episodio la
“fioritura” cromatica dei legni
che prolunga il IV tema e gli
conferisce un carattere
quasi “barocco” o bachiano.
*7 (flauti/oboi/clarinetti) battute 84-88
L’energia si dissipa e si ritorna al tempo iniziale, Adagio, con una ripresa variata della
prima Esposizione, nella quale il
I tema é presentato dalla
tromba con sordina, questa volta in dialogo con una viola e un oboe soli, e
successivamente ricompaiono tutti
i 4(5) temi principali, diversamente strumentati e armonizzati.
*8 (tutti) battute 95-106
La Coda chiude il I
movimento con un processo di rarefazione nel quale i diversi temi vengono citati in modo incompleto, spezzettato,
come se l’ordito della trama si strappasse lasciando dei vuoti, fino alla
laconica, antiretorica conclusione dei bassi e celli nel registro grave, come a
suggellare malinconicamente una vicenda tormentata.
Ascoltiamone le ultime 8
battute:
*9 (tutti) battute 157- 165
--------------------------------------------------
Il II MOVIMENTO
curiosamente contrastante é un allegro in 6/8, in forma di sonata, pur con
qualche eccezione rispetto allo standard formale;
parte in sol maggiore (!!) con un tono
scanzonato che potrebbe benissimo appartenere al Mahler delle citazioni
musicali folcloristiche e
popolari, e in alcuni momenti, per il suo scatenato virtuosismo strumentale, anche allo
straussiano Till Eulenspiegel lustige
Streiche (1894-5) anch’esso in tempo di 6/8-2/4
I temi principali dell’Esposizione sono due:
TEMA 1 presentato dai
clarinetti
*10 (clarinetti) battute 170-174
TEMA 2, dell’ oboe, dal clima più disteso cantabile, in forma
simmetrica classica di 2+2 battute
*11
(oboe) battute 185 (con levare) – 188
tema che é subito ripreso dai violini e poi fittamente intrecciato al tema 1, conducendo così ad un
rapido episodio di transizione .
Il cambio di tempo ANIMANDO segna
l’inizio della seconda parte della “esposizione” , introdotta da una piccola
fanfara dei corni
*12 (corni) battute 219-224
e seguita da un virtuosismo dei legni, in perfetto stile straussiano
alla Till Eulenspiegel, come
abbiamo detto prima
*13 (flauti e clarinetti) battute 231 (in levare)-237
L’Esposizione si conclude così altrettanto virtuosisticamente, e
inizia lo Sviluppo, che
coerentemente con le regole più classiche della forma sonata, inizia nella
tonalità della dominante, Re
maggiore
*14 (tutti) battute 263 – 271
Nel corso del lungo, vorticoso, fantasmagorico e virtuosistico
elaborato sviluppo, che qui non
possiamo descrivere per ragioni di tempo, a un certo punto c’é una cosa
interessante: la sovrapposizione di
due metri , 6/8 e 2/4 . Questa tecnica poliritmica serve a
Sch. per mantenere la caratterizzazione ritmica di un tema ripreso dal I
movimento
*15 (tutti) battute 62-64 I
movimento
e qui variamente sovrapposto agli altri temi del II movimento, che rimangono nel loro tempo di 6/8
*16 (tutti) battute 367-372
La RIPRESA, ma in forma
accorciata, variata e come vista attraverso uno specchio deformante, con trasposizioni e distorcimenti dei profili melodici, arriva quando ritorna la fanfara in tempo ANIMANDO, questa volta esposta dalle trombe (mentre nel’Esposizione, come
ricordiamo, erano i corni)
*17 (trombe) battute 391-396
Dopo un punto culminante nel quale si assiste a un grande accumulo di energia,
*18 (tutti) battute 428 -441
Segue la CODA, cui si
arriva con un processo simile a quello che terminava il I Movimento:
rarefazione, spezzettamento e dei temi, rallentamento del tempo e della
tensione. La CODA si presenta come
un graduale ri-avvicinamento al tema principale del I Movimento, come in un processo mnemonico di ricostruzione durante il quale si estraggono dal
subconscio lacerti fantasmatici dei temi già ascoltati in entrambi i movimenti.
Il finale ultimo é basato sull’alternanza dei due accordi principali (che avevamo trovato già nella prima misura di tutta la KS) Mi bemolle minore e La minore, che armonizzano le quarte discendenti presenti nel primo tema del flauto.
Questi due accordi minori, dei quali va sottolineata la distanza di un tritono, suonano come il
“motto” che impregna di sé tutta la KS. Questo motto discende di registro progressivamente, da quello acuto dei legni fino a quello dei contrabbassi, e termina in
questo registro oscuro con il lungo accordo tenuto
di mibemolle minore, in crescendo
su una lunga fermata, per aumentare la tensione tragica con cui si conclude l’opera.
*19 (tutti) battute 479- fine
3- Franz Schubert/Anton Webern - Deutsche Tänze D820 (comp. 1824 - arr. 1931) 10'
2.2.2.2. - 2.0.0.0.
Archi 12.10.8.6.4
Come Propileo (per
sottolinearne la commovente solennità) della seconda parte della serata ho
scelto le Danze Tedesche D820 di Franz Schubert, nella elegantissima
orchestrazione fattane nel 1931 da Anton Webern, che era, tra gli allievi di
Schoenberg, quello che più di altri forse si sentiva legato all’eredità storica
della tradizione musicale - e
infatti é sua la famossima orchestrazione del Ricercare a 6 voci
dall’Offerta Musicale di Bach. Anche se Webern fu colui che più di ogni
altro estese i confini del linguaggio musicale ben oltre la stessa dodecafonia
del suo maestro Schoenberg, e si inoltrò in terreni inesplorati e rarefatti. La profonda devozione per la commovente semplicità di queste Danze, quintessenza della nostalgica
“viennesità” ed estratte dalla sconfinata produzione pianistica schubertiana,
emerge dall’orchestrazione weberniana essenziale, rarefatta, che valorizza il
carattere in miracoloso equilibrio tra il nobile e il popolaresco di queste
brevissime composizioni. Sono in sostanza due semplici danze in tempo di ¾ -
niente a che fare col walzer, qui, semmai col minuetto settecentesco – dal
percorso formale bipartito, ognuna delle quali con 2 Trii.
Schubert aveva passato
l'estate del 1824 a Zseliz, in Ungheria, dando lezione alle contessine
Esterhazy. Queste danze sono infatti state scritte per Karoline e Marie
Esterhazy nell'ottobre, appena prima che Schubert rientrasse a Vienna. I primi
biografi hanno molto ricamato su un presunto innamoramento di Schubert per
Karoline, che però pare assai dubbio. Forse la cosa interessante è che, quando
soggiornava in Ungheria, Schubert era particolarmente incline a farsi ispirare
dalla musica popolare: infatti della fine del 1824 è anche il
"Divertimento all'ungherese"
(nota biografica gentilmente fornita da Luca Ciammarughi)
(nota biografica gentilmente fornita da Luca Ciammarughi)
Veniamo ora a Erich Wolfgang Korngold, che nasceva a
Vienna nel 1897 in una famiglia colta e agiata. Suo padre Julius Korngold era
una personalità molto in vista: rigido conservatore, aveva ereditato nientemeno
che da Eduard Hanslick il prestigioso incarico di critico musicale della Neue Freie Presse, dalle colonne dalla
quale tuonava contro Richard Strauss per il suo eccessivo “modernismo”, e
naturalmente contro la cerchia
Schoenberghiana colpevole di inquinare l’ambiente musicale con esperimenti
a parere di Julius Korngold intellettualistici e vacui.
Ben introdotto quindi nell’ambiente ai più alti livelli, e dotato di
un talento musicale straordinario,
fin dalla più tenera età il
giovane Erich inizia a comporre, e nel 1908 viene presentato dal padre a
Gustav Mahler, che ne riconosce
subito le doti eccezionali e gli
consiglia di studiare con il compositore Alexander
Von Zemlinsky, che era il didatta più famoso di Vienna, e anche l’unico
maestro avuto e riconosciuto dallo stesso Schoenberg,
che peraltro si considerava, ed era realmente, un autodidatta.
Le prime composizioni di Korngold, scritte a partire dal 1906, quando
aveva 11 anni! ebbero tutte un successo clamoroso, incluse le prime produzioni
operistiche. Nel volgere di pochi anni il pubblico viennese arrivò a
considerarlo “ Il nuovo Mozart”. Ma questa eccezionale precocità artistica, come spesso succede, celava
degli aspetti caratteriali forse meno felici. Come Mozart, anche Korngold soffrì la pressione di
un padre autorevole e severo, che voleva a tutti i costi promuoverne il talento eccezionale.
Scrive il suo biografo Brendan Carroll :
Per ciò che concerneva il suo mestiere e la sua vocazione, Erich Korngold a 15 anni era
già un artista maturo. Lavorava 12 ore al giorno per fare i
suoi compiti di
scuola e per scrivere le sue partiture. Ma anche se le persone intorno a lui avevavo l’impressione
che egli giocasse con tutto il suo lavoro quotidiano, sempre sereno e di buon
umore (.....) sicuramente le cose erano
ben diverse (...) c’era un curioso contrasto fra questa precocità inspiegabile e la maniera in cui
cresceva da un punto di vista
emozionale ed umano. A quindici
anni era ancora molto bambino rispetto ai giovani della sua età, e aveva ancora da
affrontare i problemi della pubertà.
L’influenza del padre severo e conservatore probabilmente ebbe effetti
non solo sul carattere, ma anche
sulla carriera del dotatissimo figlio perché, come scrive il musicologo Mario
Tedeschi Turco:
“le diatribe fra il terribile critico
della Presse e i sostenitori della seconda scuola di Vienna si ripercossero sulla musica di Erich: Anton Webern scrisse a Schoenberg
parole assai dure sulla frequenza di
concerti dedicati a Korngold e sulla qualità della sua musica, e solo Alban Berg ne parlò favorevolmente,
tanto da esprimere il desiderio di
intraprendere con lui un rapporto
di amicizia e colleganza. Ma il padre stroncò sul nascere la possibilità di una tale collaborazione, convinto
più che mai dell’insensatezza
della Neue Musik. (....) non v’é
dubbio che le posizioni conservatrici ad oltranza di Julius Korngold fecero perdere a Erich molta della
stima che il pubblico gli aveva tributato
ai suoi esordi.”
Presso il pubblico cominciò allora ad affermrsi il binomio Korngold = reazione, e questa fama l’autore se la porta
dietro, immeritata, fino ai giorni nostri.
La Vienna di inizio secolo, come abbiamo detto, era il crogiolo delle
principali correnti artistiche
europee. E a Vienna erano compresenti le due anime musicali opposte, l’una
di rottura (Schoenberg e il suo
circolo), l’altra di cauta conservazione della tradizione classica e romantica:
in questa seconda tendenza, certamente maggioritaria e prevalente all’epoca,
possiamo nominare Mahler e Strauss come padri nobili, poi Zemlinsky, Schrecker
e anche il nostro Korngold. A queste si aggiungano alcune figure “minori”
quali Ernst Krenek, che
oscillavano tra gli uni e gli altri.
Ma ciò che é importante sottolineare, e che troppo spesso si
dimentica, é che fra tutti questi
diversi artisti, anche se appartenenti a fronti opposti e talvolta in accesa
polemica, vi fu sempre grande rispetto reciproco, e a volte vera
amicizia.
Zemlinsky fu maestro di Schoenberg come di Korngold, Berg fu
ammiratore di quest’ultimo. Il
musicologo Tedeschi Turco scrive
ancora:
“La comune ascendenza wagneriana
e brahmsiana svela la sostanziale
continuità di una tradizione che solo nel secolo scorso venne considerata,
al contrario, opposizione. La forza cogente della tradizione si rivela
insospettabilmente il punto comune di produzioni assai diverse: che subisca una
profonda metamorfosi o che ritorni sviluppata ed estremizzata, la diversità
affondava le proprie radici nel medesimo terreno.”
Lo stesso Korngold, pur non adottando il linguaggio atonale dei colleghi Schoenberg Berg e Webern, da
lui comunque stimati, dichiarava: “Io non
mi chiudo contro gli arricchimenti
armonici che dobbiamo a Schoenberg. Ma non rinuncio per questo alle eccellenti
possibilità espressive della musica “antica”.
Korngold fu insomma un conservatore
illuminato, un artigiano
fedele all’insegnamento della tradizione, mai pervaso dall’Urlo Espressionista bensì interamente devoto a un’arte del comporre
che potremmo definire apollinea - anche se i soggetti delle sue opere liriche, e
di Die Tote Stadt in particolare, subiscono l’influsso del simbolismo alla Maeterlinck e
dell’incombente psicologismo freudiano. Ma fu sempre preoccupato di non perdere il contatto con il pubblico. E
infatti sarà proprio nel lavoro per la nuova arte popolare, il cinema, che
Korngold, trasferitosi in America,
saprà applicare il suo
enorme talento musicale e drammaturgico, cogliendo grandissimi successi.
Ora la scena cambia e siamo nel 1934: Korngold e Schoenberg sono ormai esuli
negli Stati Uniti, entrambi in fuga dal clima di persecuzione antisemita che
non promette niente di buono, dopo l’elezione di Hitler a Cancelliere del
Reich.
Ma mentre Korngold parte a seguito dell’invito del regista Max
Reinhardt a comporre le musiche per il film A
Midsummer Night’s Dream, e a Hollywood trova l’ambiente più adatto al suo
grandissimo talento - talento incentivato anche da un sontuoso contratto di
lavoro stabile con la Warner Bros. – il secondo, Schoenberg, lascia la Germania dove si era trasferito da Vienna, perché a Berlino l’antisemitismo é
ancor più pericoloso e incombente:
l’Accademia di musica dove insegna composizione gli da’ il benservito per via
delle sue origini giudaiche, e la sua musica praticamente non viene più
eseguita in Germania. Accetta quindi l’offerta di insegnare al Conservatorio
Melkin, tra Boston e New York. Ma per il clima rigido e i viaggi faticosi la
sua salute peggiora, e quasi subito si trasferisce nella più calda California,
anche lui a Hollywood come
Korgold, dove viene invitato come docente dall’università di Los Angeles.
A Hollywood e in tutti gli Stati Uniti c’era allora il fior fiore dell’intellettualità europea:
ebrei rifugiati come Schoenberg e Korngold, ma anche Thomas Mann, Koussevitzy,
Stokowsky, Mengelberg, naturalmente
Stravinskij e tanti altri tra i quali Alma, la vedova di Gustav Mahler, col nuovo marito Franz
Werfel. Dal suo diario leggiamo questo piccolo ritratto della nuova vita in America:
Viviamo in una piccola cerchia
di persone di valore. C’é Arnold
Schoenberg, ci sono i due Mann
(Thomas e Golo), Thomas il
riflessivo e la sua piccola moglie...e sopratutto c’é Erich Korngold
con sua BELLA moglie (acuta osservatrice la signora Werfel/Mahler!).
Quando siede al pianoforte siamo
tutti felici. NON POSSO DIRE COSA
RESTERA’ DI LUI, ma é comunque
geniale.”
Tratteggiato questo breve ritratto dell’autore e del contesto
storico/sociale nel quale agì, passiamo
a descrivere in sintesi l’opera che andiamo ad eseguire.
Innanzitutto dobbiamo rilevare che mentre Schoenberg scriveva quasi
sempre mosso dalla propria
“ispirazione” artistica,
inseguendo la missione di rinnovare
il linguaggio musicale, ed ebbe
sempre molte difficoltà a procurarsi commissioni retribuite, Korngold fu molto più fortunato e, grazie al proprio sfolgorante precoce talento e
ai buoni uffici del padre,
introdotto nelle alte sfere della Vienna che contava, ebbe fin da piccolo
moltissime offerte di comporre per le più diverse destinazioni: da camera,
sinfoniche, per il teatro, per l’opera, e infine come sappiamo per il cinema di Hollywood.
1.1.1.1.- 2.1.1.0. - Timp, Perc, - Arpa, Harmonium e Pianoforte (2 esecutori), Archi 12.10.8.6.0.
Nel 1918
il prestigioso Burgtheater gli chiese di comporre le musiche di scena per il dramma Shakespeariano Much Ado about Nothing (Molto rumore per
nulla) , e il titolo in tedesco é Viel Lärmen Um Nichts. Quella di stasera é la seconda esecuzione italiana del brano.
La commedia di Shakespeare, ambientata in una Messina cinquecentesca
sotto la dominazione spagnola, ma la cui trama risale a fonti classiche (Caritone
di Afrodisia, II-II secolo A.C.) e ad altre fonti quali l’ariostesco Orlando Furioso, una novella di Matteo
Bandello, Il Cortegiano di
Baldassarre Castiglione, ha una
complicatissima trama intessuta di elementi ora giocosi e farseschi, ora
drammatici e tragici, che si
intrecciano in una girandola di equivoci, colpi di scena, balli in maschera,
inganni amorosi , agnizioni e così via.
Quale migliore occasione per l’autore delle musiche di esercitare la
propria fertile immaginazione musicale, componendo brani vocali, corali e
strumentali dal carattere più vario e colorito? Korngold compose una partitura
che comprendeva 14 numeri, per un orchestra formata, a causa delle ristrettezze
economiche dovute alla guerra in corso, da soli 19
strumentisti: 4 legni, 4 ottoni, 3 percussioni, arpa, pianoforte, harmonium
(N.B. strumento molto usato esattamente negli stessi anni anche da Schoenberg e
dai suoi allievi nelle riduzioni per ensemble da camera di opere orchestrali,
nell’ambito della sua associazione Verein für musikalische
Privataufführungen), quintetto d’archi.
Korngold
stesso fu il direttore delle rappresentazioni al Burgtheater, che ebbero
grandissimo successo, e in seguito
ne fece una Suite di 5 brani,
riadattata per orchestra sinfonica.
A
questo proposito, c’é un piccolo
mistero editoriale degno di nota: i materiali della Suite nella versione orchestrale curiosamente oggi non
sembrano essere disponibili presso alcun editore, anche se sappiamo con
certezza che Korngold stesso approntò e diresse questa nuova versione
dell’opera più volte. Probabilmente i materiali sono andati
persi a seguito del trasloco negli Stati Uniti, e magari riposano in
qualche angolo degli archivi polverosi della Warner Bros., presso la
quale Korngold ebbe un contratto stabile
fin dal 1934. Speriamo che un
giorno tornino alla luce.
Dobbiamo perciò supporre che anche le
diverse registrazioni discografiche (vecchie e nuove) oggi esistenti siano
state fatte utilizzando i materiali della versione originale per piccola orchestra,
alla quale manca la sezione dei contrabbassi. Dopo aver ascoltato tutte le diverse registrazioni
disponibili, e aver riflettuto attentamente sulla possibilità di aggiungere di
mia mano la parte dei contrabbassi, ho deciso di non procedere a
questa opera di “restauro”, nella convinzione che, non sapendo con assoluta
certezza se nella seconda versione orchestrale redatta dall’autore ci fosse
effettivamente un parte per i contrabbassi (dalle registrazioni sembra chiaro
che non ci sia), comunque l’opera suoni perfettamente equilibrata così come é,
utilizzando però l’intera orchestra
d’archi invece che un piccolo gruppo.
La
Suite Viel Lärmen um Nichts op 11 consta
di una Ouverture e di quattro episodi : Mädchen im Brautgemach, Holzapfel und Schlehwein, Intermezzo,
Hornpipe.
E’
notevole rimarcare che Korngold non si preoccupa affatto di ricreare con le sue
musiche una atmosfera “elisabettiana”, né tantomeno di fare un ricalco
ironicamente “neoclassicista” quale quello fatta da Richard Strauss con le sue
musiche per Le Bourgoise Gentilhomme
di Moliére, ma compone liberamente nello stile a lui più consono e
contemporaneo, in quel modo naturalmente lirico ed elegante che noi potremmo
definire stile della Felix Austria.
Il che conferma che quel linguaggio, nella musica e
nelle altre arti, era vissuto dall’ élite austro-ungarica dell’inizio del XX
Secolo come talmente universale e cosmopolita, talmente consustanziato al
proprio stile di vita e alla propria Weltanschuung, da poter essere applicato senza alcun
imbarazzo anche a opere artistiche lontanissime culturalmente, geograficamente
e temporalmente, quali un dramma teatrale seicentesco ambientato nella Sicilia
del cinquecento!
L’ Ouverture é il brano più esteso e articolato, e
segue a grandi linee, e in miniatura, data la piccola dimensione dell’intera
Ouverture, la struttura della
forma sonata.
Il
primo tema,in Sol maggiore e dal carattere di danza, gaio e spensierato in
tempo di 6/8 , é affidato ai legni, e suona un po’ come la sinfonia Italiana o lo scherzo della Sinfonia Scozzese
di Mendelssohn:
*1 (tutti) battuta 5 – II° dopo 2
Poco dopo, con grande abilità artigianale, Korngold sovrappone a
questo, che ora funziona da “accompagnamento”, il secondo tema più disteso e cantabile, dalla liricità che potremmo definire profondamente viennese, oppure anche straussiana:
*2 (tutti) n° 5 di partitura – n° 8
Segue un episodio di transizione che porta alla ripresa del tema
principale ed é simile a un Galop alla
Johann Strauss, come quelli che ascoltiamo tutti da Vienna nel concerto di
Capodanno, oppure anche a uno scatenato CanCan
parigino:
*3 (tutti) n° 9 di partitura – n° 11
Con questo si chiude per così dire l’Esposizione della forma-Sonata e inizia lo Sviluppo, che
riprende il I tema in 6/8 dei legni, abbreviato e modulato in progressione in diverse tonalità, per giungere
ad un curioso interludio nella tonalità di Sibemolle maggiore dove il
protagonista é l‘harmonium, che recita un piccolo semplice “corale” dal sapore
vagamente ironico. L’harmonium come sappiamo é uno strumento che viene
utilizzato prevalentemente in chiesa, a sostituzione dell’organo, ove
questo manchi.
Non saprei dire se questa scelta inconsueta dipenda dalla vicenda
teatrale shakespeariana alla quale questo momento della partitura allude (il
matrimonio che si celebra in chiesa tra i personaggi di Ero e Claudio?)
*4
(Solo HARMONIUM) n° 14 di
partitura – n° 15
La Ripresa, quasi del tutto testuale, si svolge correttamente, come
vuole la Forma-Sonata canonica, nel tono della dominante, Re maggiore, e non
vale la pena di darne un esempio musicale perché la grande “orecchiabilità” dei
suoi temi ve lo farà riconoscere all’istante, e approda alla CODA, che é un
virtuosistico e travolgente finale “Più
Mosso”, nella tonalità “d’impianto” di Sol Maggiore.
Un particolare é degno di nota perché mostra la grande destrezza
artigianale di Korngold: nella coda ritorna, un po’ en passant, il “Motto” cromatico di quattro note col quale
l’Ouverture si apriva :
*5 (tutti) battuta 1-2
e infatti eccolo qui
ripresentarsi nella coda
*6 (tutti) tre battute prima
del n° 24 di partitura
*7 (tutti)
n° 25 di partitura, per otto
battute
Mädchen
im Brautgemach (fanciulla nella camera
nuziale?)
La cui
traduzione potrebbe essere “ la fanciulla
nella camera nuziale” é una sentimentale romanza bipartita più una coda, il cui tema principale
inizia in modo capricciosamente cromatico, come alludendo alla acerba età della
fanciulla in oggetto, e poi si distende in una linea melodica molto cantabile,
quasi canzonetta teneramente
infantile.
*1 (tutti)
n° 1-2 di partitura
Degne
di nota sono le due battute di apertura, nelle quali tre soli strumenti (flauto
piccolo, violino e harmonium) eseguono 4 semplici accordi la cui concatenazione
armonica é alquanto misteriosa , e
collegata in modo molto ambiguo a quanto segue, ma
Servono
a creare una atmosfera incantata, fiabesca.
*2
(piccolo, harmonium, violino) battute 1-2
Holzapfel
und Schlehwein/marcia della Guardia (mela
selvatica e liquore di more?)
L’indicazione Nel tempo di una grottesca marcia funebre chiarisce senza ambiguità il carattere
di questo terzo pezzo della suite. Korngold utilizza da par suo un modello stilistico mutuato dalla
tradizione popolare, come spesso succede ai compositori viennesi di ogni tempo: e lo fa in un modo che
ricorda molto da vicino ciò che Mahler faceva inserendo delle marce funebri,
più o meno riconoscibili o stravolte, nelle sue sinfonie (la V, VI, VII) anche se naturalmente con una
intenzione grottesca sì, ma tragica e disperata. In Korngold al contrario il tono é ironico e leggero, emotivamente distaccato dalla temperie
espressiva di una vera marcia funebre, come se la musica accompagnasse una
pantomima o uno spettacolo di
marionette. Ma pur con questa differenza di fondo, é
nell’armonizzazione e nella strumentazione che le somiglianze con Mahler
sono lampanti: uso finemente
cameristico dell’orchestra, colori
strumentali lividi e spettrali,
fraseggi aguzzi, interrotti da accenti irregolari e rapide oscillazioni
del tempo, il classico “legno
battuto” degli archi, e infine ovviamente la melodia affidata in alcune parti
alla tromba sola.
*1 (tutti)
n° 1-3 di partitura
Intermezzo
Anche
l’Intermezzo é una romanza, che si segnala per la strumentazione ridotta, ancor più cameristica : solo
2 corni, arpa, harmonium,
pianoforte, archi e .... solo due
rintocchi del triangolo, che contribuiscono al carattere delicato e
sognante. Il brano infatti si snoda
nella serena tonaità di Do maggiore – con solo una momentanea escursione in Mi
bemolle. Il tema é introdotto dal violoncello solo, poi in duo con una viola sola.
*1 (tutti)
dall’inizio al n° 1 di partitura
Mummenschanz
(Hornpipe)
L’ultimo
numero della Suite é una Pantomima, e
il titolo si riferisce forse a una scena della commedia Shakespeariana.
Il sottotitolo Hornpipe, cioé Cornamusa, é la forma di danza popolare usata da
Korngold per chiudere la Suite. Leggiamo da Wikipedia: La hornpipe è un tempo di danza originario delle
Isole Britanniche nato attorno al XIII secolo. Il nome viene
fatto risalire all'uso popolare di danzare con accompagnamento di una
"hornpipe" (lett.:
"canna di corno"), strumento ad ancia, con canna semplice
o doppia, ricavato da corna animali.
Molti compositori, principalmente inglesi, scrissero Hornpipes, da Henry Purcell (poi ripreso
da Benjamin Britten nella sua Young
person’s guide to the orchestra) a Georg Frederich Händel, con la celebre Alla Hornpipe che fa parte della sua Watermusik, e il
brano finale de Concerto Grosso N° 7 op.6 .
il biografo italiano di Korgnold , Mario Tedeschi
Turco, sottolineando che in origine la Hornpipe
é in tempo ternario ( 3/4 o 9/8), mentre quella di Korngold é in tempo di 2/4, la
accosta per questo motivo alla Fuga
all’imitazione della cornetta de postiglione che fa parte del Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo BWV 992 di
Bach, anche se la Hornpipe di Korngold non é affatto una
fuga ma un brano di grande virtuosismo e di spensierata allegria, privo di ogni
intellettualismo, esattamente come
vuole la forma originaria e popolare di questa danza.
Il virtuosismo é richiesto in particolare proprio ai
corni, ( non per niente é una Horn – pipe!) che espongono il loro tema baldanzoso:
*1 (tutti)
dall’inizio a quattro battute dopo il n° 1 di partitura
L’effetto “cornamusa”, che come sappiamo consiste di un bordone
armonico fisso sul quale svetta la melodia, si presenta quasi subito:
*2 (tutti)
n° 2 di partitura col levare, per
otto battute fino a “ Lustig”
Al centro del brano però il clima epressivo smette per
un attimo di essere British e acquista il carattere inequivocabile
di un Ländler viennese, con tanto di
indicazione “Lustig” ( buffo,
divertente) che sappiamo essere usata molto spesso nelle musiche
viennesi, e da Richard Strauss (Till
Eulenspiegel Lustige Streiche)
*3 (tutti)
“ Lustig” , fino al N°3 di partitura
Bellissima analisi, e grazie per le citazioni!
RispondiEliminaP.S. Korngold era sotto contratto con la Warner Bros, non con la Metro ;-)
Un cordiale saluto e un augurio di buon lavoro, Maestro.
Mario Tedeschi Turco