TED (Technology, Entertainment, Design) è una organizzazione nonprofit nata nel 1984 negli Stati Uniti e "devoted to ideas worth spreading". I TED Talks sono pubbliche conferenze tenute con linguaggio semplice e divulgativo da esperti e protagonisti di ogni disciplina, dalle scienze alle arti, e caratterizzate da un approccio originale e creativo.
Tra quelle dedicate alla musica, questa mi è piaciuta particolarmente. Con spirito e garbata ironia, ma senza risparmiare una frecciata (forse inutilmente velenosa) a Riccardo Muti circa la sua uscita dal Teatro alla Scala, Talgam confronta lo stile di alcuni grandi direttori come Kleiber, Muti, Strauss, Bernstein, soffermandosi in particolare sulla loro attitudine psicologica verso l'orchestra, il loro personale modo di coinvolgere gli strumentisti nell' interpretazione.
Già, perchè al di là dei problemi strettamente tecnici della direzione d'orchestra, arte che nel corso del tempo si è dotata di una strumentazione teorico/tecnica sempre più fine, e al di là delle competenze ed esperienze specificamente musicali di cui ogni direttore dovrebbe disporre, questo mestiere continua ad avere un lato irrazionale, un'aspetto magico. Il cosidetto "carisma" del grande direttore. Dietro quella parola, nella vulgata comune, si nasconde il quid che fa veramente la differenza tra un onesto professionista e un grande Maestro. E quella differenza sta tutta nella capacità di far diventare gli orchestrali dei partners dell'esecuzione, invece che dei semplici strumenti a disposizione del direttore.
Nelle classi di direzione d'orchestra correttamente si insegna a trattare l'orchestra come il proprio strumento, non diverso - mutatis mutandis - da quello che ciascun strumentista imbraccia e suona. E, attenzione: lo si suona proprio, qui non c'è nessun "virtuale" che tenga, le dinamiche sono DAVVERO come quelle di una esecuzione concreta, fisica, non diversa dall'interagire materialmente ad es. con la tastiera di un pianoforte.
E' una specie di esecuzione al quadrato: il direttore "suona" un gruppo di strumentisti, ognuno dei quali suona il proprio strumento accordingly.
Sembrerebbe tutto normale, fin qui.
E invece proprio qui c'è la visione originale: questa complessa dinamica, secondo Itay Talgam, performa al meglio proprio quando, paradossalmente, il direttore d'orchestra riesce a vincere la propria tendenza all'eccesso di controllo attivo, fisico, e lo cede (quasi) completamente agli strumentisti, lasciando che siano loro a "gestire" l'esecuzione, in un certo senso.
Ma allora, che cosa sta lì a fare il direttore, uno si domanda.
E' un fenomeno difficile da descrivere: il (bravo) direttore sale ad un livello superiore di controllo, nel quale, conferendo all'orchestra buona parte della responsabilità esecutiva, ottiene in cambio da essa la più piena partecipazione, impegno e ascolto attivo reciproco. Il direttore a quel punto è libero di incarnare la carismatica figura di "colui che tiene aperto lo spazio affinchè la musica avvenga", e dal podio suscita, incita, invita, suggerisce, mostra, provoca con il linguaggio di tutto il corpo, non necessariamente battendo pedissequamente il tempo con la bacchetta. E sopratutto, usa gli occhi!
Alla fine del TED Talk c'è un piccolo saggio di superbo minimalismo direttoriale: vi si vede un bonario Lenny Bernstein che, dal podio dei Wiener Philarmoniker, "assiste" immobile alla loro esecuzione del finale della Sinfonia 88 di Haydn, limitandosi a "dirigerli" con un sorriso, un'occhiata, un alzata di spalle, uno sguardo di traverso, un sollevare il mento... è perfetto, e cento volte più efficace ed espressivo che se si fosse limitato a battere il tempo.
Tra i vari commentatori del video, giustamente qualcuno fa notare che in realtà il vero lavoro di un direttore è quello che il pubblico non vede: le prove, durante le quali si crea (o non si crea) questo sottile rapporto di reciproco "affidarsi" tra lui e l'orchestra. E ciò può avvenire soltanto se il direttore nelle prove mostra concretamente di conoscere a fondo la partitura, sapere come metterci le mani, cosa chiedere e cosa rifiutare, avere un punto di vista forte e convincente sull'opera da interpretare.
E' vero. A volte è molto più affascinante assistere alle prove che al concerto, se si vuole capire "come è fatto" il prodotto finale. Ma se il direttore è un grande Maestro, solo durante il concerto si creerà la magìa imponderabile che ci fa piangere o ridere. Solo in quel momento, come in pochi privilegiati attimi della vita, il Daimon osa mostrare la propra epifania....
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