"Sto diventando un po' troppo critico per potermi illudere ulteriormente di avere qualche talento" - F. Nietzsche


"Musica est exercitium aritmaeticae occultum nescientis se numerari animi“

- G.W. Leibniz


"I pecoroni non vogliono diventare padroni del loro lavoro!" - C.T.


"Tutta la musica è contemporanea."

mercoledì 18 gennaio 2012

Corsi e ricorsi storici nella querelle tra "antichi" e "moderni"

Giuseppe Sarti
".....nel 1832, sulla Musikalische Allgemeine Zeitug compariva il biliare, ma non disarmato saggio di un compositore preclaro, Giuseppe Sarti: Esame acustico  fatto sopra due frammenti di Mozart: precisamente, su due passi dei quartetti "haydini", in re minore, in do maggiore (che gli  studiosi  tedeschi chiamavano, con un residuo brivido  di  sgomento, Dissonanzenquartett).
Mozart  era stato  assai cordiale con il collega, fino a citarne un motivo  nella chiusa del Don Giovanni (dai Due Litiganti su  libretto di  Goldoni) e scegliendone un tema, "come un agnello", e svolgere una elegantissima sere di  variazioni  per pianoforte. 
Ma non aveva frenato le furie teoretiche d'un musicista che scorgeva il segno della depravazione, del "moderno", esattamente nell'adozione del temperamento equabile, attuata superbamente dal Wohltemperiertes Klavier bachiano, e divenuta, ai tempi di Haydn e Mozart, assolutamente irrefutabile e d'uso generale. 
Sarti pensava alle modalità antiche, fondate sull'intonazione naturale, e non sul  sotterfugio matematico proposto ai tempi di Andreas Werckmeister; e trovava conforto al suo venerabile arcaismo nel canto popolare, ascoltato nel soggiorno russo, e riprodotto anche in un opera teatrale, Oleg del 1790, composta con la collaborazione della zarina.
Restò tutta la vita convinto che la musica contemporanea fosse tale da "faire boucher les oreilles".
.....(omissis)..... 
Stravinskij
La suddivisione anomala dell'ottava (aborrita da Sarti nella moderna scala cromatica) risaliva al Rinascimento, con Francisco de Salinas..., Tintoris e Nicola Vicentino: la sua suddivisione in 31 gradi restando, fino al Novecento, meramente teorica. Se non, forse, in talune musiche per archicembalo, uno strumento fatto da lui costruire, e che non raggiunse la soglia dell'assuefazione, vale a dire la necessità storica. Si ricorderà come Stravinskij fosse certo che di uno strumento analogo si valesse Carlo di Venosa, ricercandolo, nella sua visita al castello di Gesualdo, senza trovarlo."

(Passim, da Mario Bortolotto, Corrispondenze - Milano, 2010) 

6 commenti:

  1. La critica musicale fondata sull'estetica "fisica" e "acustica" del suono è un vecchio argomento curioso e... irritante: basta pensare che i classici della polifonia, Palestrina in primis, usano successioni dissonanti che vanno oltre qualunque questione di temperamento. Nel Trattato di Armonia di Dubois si raccomanda lo studio del "grande" Fetis. Anni fa - ero un ragazzino - trovai una copia del Trattato di Fetis da un antiquario. Mi colpì l'introduzione, riportante le stravaganti teorie di un ufficiale dell'esercito prussiano che aveva trovato, a suo dire, le armonie "fondamentali" (anche le dissonanti) percuotendo vari oggetti di dimensioni standard. Seguiva un pedante elenco di lastre, corde e tubi con le relative dimensioni e il (preteso) “accordo” generato. Putroppo non comprai quella copia e persi le preziose note a margine del vecchio proprietario. Ma ricordo ancora la nota a margine di questo capitolo sull’Ufficiale Prussiano: “se codesto capo ameno si fosse percosso il tubo naturale mediante il quale convogliasi la notturna urea, chissà che accordo avrebbe trovato!”.
    Ancora una volta la domanda è: perché la c.d. musica contemporanea (intesa come movimento di pensiero) si è così accanita a far ricerca intorno al suono, al sintagma musicale, alla novità – vera o presunta – di certi accordi o combinazioni? Perché è caduta nella banalità accademica di valutare l’”originalità” dei classici ricercando le combinazioni più o meno ardite? La questione era vecchiotta e ottocentesca già cent’anni fa eppure lo stesso Schönberg perse tempo e pagine “teoriche” questionando di dominanti e cromatismi. Si dice che Balzac, morendo, abbia detto “una settimana di malattia... peccato: avrei potuto scrivere un altro romanzo”; lo stesso si può dire del tempo perso da tanti, troppi teorici del c.d. linguaggio musicale.

    Leonardo Asso

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  2. "Schönberg perse tempo e pagine “teoriche” questionando di dominanti e cromatismi. Si dice che Balzac, morendo, abbia detto “una settimana di malattia... peccato: avrei potuto scrivere un altro romanzo”; lo stesso si può dire del tempo perso da tanti, troppi teorici del c.d. linguaggio musicale."

    Caro Leonardo sai quale è la mia reazione più istintiva ? Questa: perchè sto perdendo giorni a curare questo blog, invece di inventare modi per fare musica, concretamente ? "Ogni bel gioco dura poco" è un saggio vecchio adagio.

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  3. eh no! non è giusto quello che dici: tu stai facendo della critica e della riflessione intellettuale e professionale. Non stai promuovendo un'estetica, un qualche modo di cambiare il mondo! L'avanguardismo "storico" è andato alla ricerca di elementi minimali, sintagmi, stili, etc. per proclamare cosa fosse nuovo o vecchio e indicare nuove vie (spesso ignorando la letteratura a seconda dei propri comodi). Tu stai proprio sollecitando riflessioni su questi fenomeni: il pensiero critico non è una perdita di tempo, lo diventa quando nasconde la supponenza del "movimento estetico". Non puoi assimilare il tuo percorso intellettuale a quello dei saccenti analisti del linguaggio musicale: tu stai proprio mettendoli in discussione! Io so che per te l'oggetto musicale è letteratura, dramma, composizione, performance: non un esempio di maggiore o minore ardire fonico-acustico!

    sinceramente (ma davvero)

    Leonardo Asso

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  4. "La critica musicale fondata sull'estetica "fisica" e "acustica" del suono è un argomento" talmente vecchio che è un po' il fondamento della civiltà musicale occidentale. Platone criticava severamente i seguaci di Aristosseno, "coloro che anteponevano le orecchie alla mente". Persino la rivoluzione scientifica del 600 le è debitrice. Nella storia le prassi musicali interrogano continuamente il sapere scientifico e viceversa. Ogni testimonianza di questa esperienza è anche testimonianza di un grado di scientismo tutto da valutare. Un po' più complesso è il caso "contemporaneo" dove molti campi della ricerca scientifica e ricerca musicale-musicologica coincidono.
    In un periodo storico in cui le identità vanno un po' a farsi friggere credo che considerare con un po' di serietà l'argomento sarebbe un buon modo anche per liberarsi di quegli "ufficiali prussiani", amatori e dilettanti, di cui è piena la storia. Che poi l'aneddotica è scienza umana, non vedo perchè non la si debba considerare.
    Se non altro, comunque, credo sia un dovere se non altro informarsi meglio circa lo status della "critica musicale". In un'epoca in cui parte della musicologia sistematica ormai è un tutt'uno con le "scienze dure" credo sia necessario, indipendentemente da ciò che sostengono i detrattori (soprattutto tra gli "scienziati").
    Ma la cosa più interessante, e in questo il Renato-musicista potrebbe portare qualche testimonianza, è l'assoluta necessità di un approccio scientista, fantasmagorico, o come dici, del dramma, della letteratura, da parte dell'artista il quale non ha nessun obbligo etico e morale nei confronti di una presunta coerenza e risultato scientifico. L'arte rimarrà sempre misura dell'invenzione. Per l'artista il pensiero critico (che spesso si alimenta proprio dall'indagine musicologica) è uno strumento come un altro per ribadire la centralità del punto di vista estetico sul mondo. Stockhausen così rispose ad un Adorno tutto intento a rilevare un presunto errore dovuto al fatto di non aver rigorosamente seguito una serie di Fibonacci: "Herr Meister, Lei sta cercando un pollo in un quadro astratto"!

    Fabio Selvafiorita

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  5. Potremmo riassumere così: abbiamo attraversato , nei decenni scorsi , una di quelle fasi storiche durante le quali nelle discussioni estetiche ha prevalso l'approccio "scientista". In musica il desiderio di rifondare il linguaggio , nel desiderio di trovare un terreno teorico solido sotto i piedi, si è appoggiato alla scienza : uno per tutti , Xenakis, con un piede in entrambe le discipline. I risultati sono stati ineguali , ma talvolta moto interessanti.
    Poi l'informatica musicale ha preso il sopravvento in questo campo , e credo che siamo ancora in piena espansione delle ricerche, anche se praticamente riservate all'ambito accademico o di ristretti circoli , e il vasto pubblico ne sa molto poco.
    Sono comunque fasi storiche molto fertili , cui sempre fa seguito un "riflusso" fisiologico, che è quello che sta succedendo ora, per reazione all'eccesso di raziocinio nell'arte .
    L'equilibrio tra i due aspetti è qualcosa di molto raro e instabile. e dipende non solo dalla fase storica, ma anche dal talento del singolo compositore.
    E le invenzioni organologiche ( cioè, l'apparizione e la diffusione di strumenti musicali nuovi) seguono un po' la stessa sorte.

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  6. Una citazione tanto per cominciare: "Le strutture gigantesche del ponte di Brooklin che si perde in lontananza e della Torre Eiffel che sale senza fine poggiano non soltanto su uno scheletro di acciaio, ma su quello ancora più solido della teoria della elasticità." (L. Boltzmann) . La musica è fatta tanto di suoni quanto delle idee sul suono. Se una cultura è convinta che nel suono sia riposta l'armonia delle sfere celesti magari attraverso i rapporti 2:1 (ottava) , 3:2 (quinta) , 4:3 (quarta) produrrà una certa musica; se una cultura è convinta che danzando si guarisce dal morso della tarantola produrrà una certa musica, se un musicista vuole affascinare un certo ambiente sociale produrrà una certa musica e non un'altra. La fisica e l'acustica fanno parte del nostro corpus di credenze e da cui abbiamo derivato una immagine concettuale del suono. Mi sembra del tutto banale che anche l'immaginario scientifico prenda corpo nel prodotto artistico, musica inclusa. Per comprendere il ruolo della astrazione e della concettualizzazione basta considerare che una delle caratteristiche della musica occidentale (forse la più straordinaria) è quella di essere "scritta" . Dal nostro sistema notazionale è sorta la polifonia che richiede perfetto sincronismo e quindi scrittura. Scrivere la musica, significa concettualizzarla, ridurla a segno e poi ri-pensarla come tale. I segni si possono permutare, combinare, retrogradare, invertire, simmetrizzare. I fiamminghi, Bach e molti altri ancora hanno prodotto musica pensata come segno. Quando si conia una parola o si inventa un concetto - e questo è quello che fa la scienza - lo sguardo sul fenomeno non è più lo stesso. Se scopri che la nozione di "intervallo di quinta" ti permette di capire alcuni fatti musicali sarà inevitabile immaginare e successivamente creare un mondo in cui l'intervallo di quinta non c'è o svolge un ruolo diverso. Trovo illuminanti alcune considerazioni di D. de la Motte (Manuale di armonia) sulla ostinazione di Schoenberg nel formare accordi con il tritono. La scienza è soprattutto alimento dell'immaginario, anche di quello musicale.

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