«Se non troviamo niente di piacevole, avremo almeno trovato qualcosa di nuovo.»
di Fabio Selvafiorita
In riferimento al post di Renato Rivolta (che ringrazio
per l'ospitalità sul questo blog) "La musica contemporanea è morta" e alla discussione nata intorno ai commenti, mi sono arrivate
richieste di chiarimento circa questa scena così detta "sperimentale". Ci provo.
Ma vorrei anche precisare che, data la complessità del fenomeno, non è una
ricognizione sistematica. Molto più banalmente è quello che mi è venuto in
mente scrivendo, e che è naturalmente più consono ora alle corde della mia
sensibilità di ascoltatore.
E' veramente difficile fornire delle coordinate precise di
nomi che possano essere significativi per il genere, così come mi è stato
richiesto. Anche perchè quella della “scena sperimentale”, oggi, è un gran mix
di culture musicali facenti capo a differenti tradizioni, alcune delle quali le
possiamo far derivare (ma anche questa forse sarebbe già una semplificazione)
dalle più spregiudicate esperienze musicali degli anni 60-70 (cagean-improvvisative-minimali-performative),
da quelle del freejazz, del krautrock, della tape music, dalla musica prodotta
in simbiosi con certa performatività artistica ecc. ecc.
In sostanza, tutte
quelle esperienze tipiche della controcultura anni 60-70 che, se da un lato
ebbero origine in parte all'interno dell'accademia, dall'altro furono
alternative a quell'accademismo che proprio in quel periodo si andava sempre
più distaccando dalla sperimentazione per identificarsi in modo esclusivo con
la sola scrittura musicale (e con un particolare approccio alla tecnologia
musicale; in sostanza quello mediato dalla ricerca scientifica dominante).
Rimane in ogni caso una storia della musica tutta da scrivere.
Sarà solo nel
momento in cui si imparerà a conoscerla meglio che si potranno evidenziare non
solo le differenze con certa musica contemporanea accademica, ma anche i motivi per cui una certa sperimentazione si è affrancata dall'accademia; differenze che diventano evidenti se si considerano oggi
i canali di distribuzione, di sviluppo e diffusione: ma un po' meno se si
considerano in profondità certe questioni estetiche.
Non è affatto raro che le
due tradizioni “si parlino” ancora oggi, condividendo spesso problematiche e
progettualità: collaborazione rara in Italia, più diffusa in Gran Bretagna, e
penso al circuito http://soundandmusic.org/
il cui motto è “SAM promotes challenging contemporary music and sound art. We embrace complexity and risk-taking
and invite the audience to listen in new ways”, in Svizzera e Germania; e penso
ad esempio all'egregio lavoro svolto dall'ensemble Zeitkratzer http://www.sands-zine.com/archivioart.php?id=2661
...).
Per quello che mi riguarda, e lo dico come compositore e
musicologo culturalmente sensibile allo sviluppo di entrambe le tradizioni,
constato che tra i due settori esiste uno steccato, principalmente
definito dalle modalità produttive-organizzative che spesso vanno ad ostacolare
quelli che potrebbero essere comuni intenti estetici. Probabilmente, come
spesso capita e non solo in musica, interessi particolari (quelli di cui si è
discusso tra i commenti del precedente post) prevalgono su quelli che
potrebbero andare a beneficio esclusivo della Musica.
Le realtà di cui qui si parla sono portatrici di artigianati
differenti, alternativi, di cui anche il compositore dovrebbe avere
esperienza se non altro, come scrisse un celebre compositore e didatta vecchio
stampo, Bruno Bettinelli, “per essere partecipe di ogni possibile aspetto
dei linguaggi e delle relative “grammatiche” d'ogni tempo”.
Se si seguisse
questo imperativo fino in fondo (essendo ormai maturo il tempo per rileggere la
storia delle tecnologie del fare musica non solo alla luce di una legittima
concezione metafisica della scrittura),
si riuscirebbe anche a comprendere e contestualizzare meglio quel gran calderone
che è stato il novecento musicale tout-court.
Per comodità di lettura ho assegnato ad ogni paragrafo una parola chiave, giusto per identificarne il relativo contenuto: Italia, Sound Art, Sound Design, Ambient-Glitch, Musique Concrète, Impro-Noise.
ITALIA
In questo contesto non posso allora non cominciare dalla scena “italiana” e lo faccio presentando un piccola etichetta discografica la Die Schachtel (il nome deriva da una azione mimico-scenica di Franco Evangelisti) http://www.dieschachtel.com/editions.htm che è ormai una realtà consolidata nella scena “sperimentale” e il cui lavoro si è imposto sulla scena nazionale e non. Se i libri di storia ci hanno ad esempio insegnato che ad un certo punto, nella Storia della Musica del Novecento fu il GRM a Parigi, la WDR a Colonia e lo Studio di Fonologia alla RAI di Milano, beh, Die Schachtel ci ha aiutato a considerare e ascoltare anche altre esperienze, in particolare italiane, dandoci la possibilità di ridefinire anche storicamente le coordinate culturali di quel periodo. Così abbiamo scoperto non solo che il mondo musicale non girava di certo intorno alla sola Fonologia (e mi riferisco alla pubblicazione ad esempio dei lavori di Teresa Rampazzi a Padova, del gruppo NPS, ad Enore Zaffiri a Torino, e Pietro Grossi a Firenze) ma anche che nella stessa Fonologia non giravano solo Berio Maderna e Nono; (v. ad esempio la bellissima produzione che Die Schachtel ha riservato al lavoro Parete 67 di Marino Zuccheri ,“il musicista elettronico più eseguito al mondo” secondo una celebre e veritiera definizione di Umberto Eco).
Scorrendo il catalogo di Die Schachtel troverete alcuni
nomi noti anche della Musica Contemporanea (Clementi, Guaccero, Pousseur o
interpreti come Zurria) proprio perchè, come dicevo in apertura di questo
intervento, l'ambito in cui si muove Die Schachtel si situa a cavallo tra la
sperimentazione musicale anni 60 e l'attuale scena (culturalmente molto più
complessa, che presenta collegamenti con il post-rock e altri
"generi" post-elettronica).
Qui una sintesi dell'estetica dell'etichetta http://www.sands-zine.com/articoli.php?id=3784
Nel sito della sezione distribuzione della Die Schachtel,
Soundohm, potrebbe essere utile a titolo informativo sfogliare il catalogo dei
lavori per "genere" giusto per rendersi conto della complessità di
esperienze di ciò che si è soliti far ricadere nella definizione di
"musica sperimentale": http://www.soundohm.com/home.php
Un'altra etichetta italiana, quasi storica ormai, che si è
occupata di questo limbo musicale-sonoro (sicuramente dei suoi lati più oscuri
come la poesia sonora o la documentazione sonora dell'azionismo viennese) è
Alga Marghen. Riporto dalla loro pagina facebook:
Italian label specialising
in experimental historical obscurites, obscure outsiders, and twentieth-century
composition. These highly acclaimed releases are often released in limited
editions. The label series are divided in six parts:
- NMN series:
Radicalization of sound and music languages
- Tes series:
Non-codificable researches of spontaneous improvisation and manipulation of
sound sources
- Vocson series: Sound
Poetry
- Akt series: Musik des
Aktionismus (Music of Actionists)
- EEs'T series: Maurizio
Bianchi re-releases
- Book series: Exclusive
printed documents from the masters of the avantgarde.
Non è difficile quindi immaginare come l'attuale scena
italiana sia vivacissima. Le realtà sono molte e differenziate e lavorano su
più fronti: compositivo, discografico, distributivo, organizzativo. Purtroppo
spesso si scontrano con una realtà territoriale e istituzionale che è quella
che è, cioè quello di un paese-colonia ormai in una fase avanzata e
irrecuperabile di decomposizione sociale e regressione culturale. Il
Compositore-ben-Temperato-dal-Sistema e accudito dall'assistenza statale non
sorrida. Purtroppo non capita di rado che
che per ovviare ai dettami di legge dei gerontocrati italioti, e pur di non
rinunciare all'impresa artistica, molte delle realtà di cui si parla siano
costrette ad agire, in Italia, ai limiti della clandestinità.
Segue una brevissima e del tutto parziale cronistoria per
etichette discografiche degli ultimi dieci anni: innanzitutto da segnalare il
lavoro dell'infaticabile Giuseppe Ielasi, prima con l'etichetta Fringes
Recordings http://www.efi.group.shef.ac.uk/labels/fringes/cfringes.html
poi Senufo http://www.senufoeditions.com/ (gran parte del catalogo è online a questo indirizzo http://senufoeditions.bandcamp.com/ )
e Schoolmap Records http://www.schoolmap-records.com/ .
Bowindo Recordings http://www.bowindorecordings.com/
invece fu invece il trampolino di lancio per un gruppo fondamentale del
post-rock sperimentale italiano, i ¾ Had Been Eliminated e per un altro
infaticabile della “scena” italiana, Domenico Sciajno; che fu il primo (per lo
meno se si escludono le esperienze di collettivi anni 70) a cercare di
costituire a partire dai primi anni del 2000 un network di musicisti “non
allineati” all'accademia http://www.ixem.it/
convogliando un insieme eterogeneo di esperienze poi culminate in un festival,
Superfici Sonore, che è ormai entrato nel mito di certa storia della
sperimentazione recente. Mi permetto di riportare un mio commento a quella tre
giorni di un ormai lontanissimo 2003:
Ixem è ancora attivissima e attualmente concentra le sue
forze nella definizione di appuntamenti molto importanti sul suolo siciliano http://www.ixem.it/live!ixem2011/about.html
Sicuramente il periodo che va dalla fine anni '90 al 2005 ha
segnato un momento importante per il consolidamento delle realtà di cui sopra.
Un resoconto di quanto accadde in quel periodo di transizione è possibile
leggerlo qui: http://www.sands-zine.com/archivioart.php?id=840
Altre etichette italiane di quel periodo furono la S'agita
le cui produzione DIY su cd sono ormai oggetto di culto e la Aferecords http://www.aferecords.com/ , ancora
attiva, il cui vasto catalogo rappresenta il punto di contatto tra la scena
sperimentale e quella dark ambient e post-industrial nazionale e non.
La realtà di cui scrivo è comunque in continua evoluzione e
trasformazione. Fra le etichette più attive oggi, oltre quelle citate ci sono:
Prestorecords http://www.prestorecords.com/home.html/
di Lorenzo Senni ,
Nei commenti al post precedente di Renato Rivolta (provocatoriamente e a proposito di una auspicabile edizione della Biennale
Musica dedicata alla scena sperimentale e alla Sound Art in particolare) ho
utilizzato proprio il termine Sound Art con il quale solitamente ci si
riferisce all'utilizzo artistico
del suono nell'ambito dell'arte contemporanea visiva (evidenziando così,
probabilmente, il desiderio di non immischiarsi nelle diatribe
estetico-musicali e/o in sue eventuali storicizzazioni in modo da svincolare il
suono da responsabilità tout-court musicali). Nonostante sia una definizione
che piace molto ai critici e ai puristi della Sound Art (eh! ci sono anche
quelli!) è indubbio che nell'ambiente circolino molti musicisti, sperimentali o
meno. Contrariamente a quello che avviene nella musica contemporanea, dove il
paradigma cognitivo impera ormai incontrastato da almeno tre decadi, qui sono
problematizzate questioni percettive limitrofe all'indagine filosofica (tipiche
di certa recente filosofia della percezione) e sociologica: e il primo nome che
mi viene in mente è Brandon Labelle; si sfoglino ad esempio le relative
pubblicazioni http://www.brandonlabelle.net/publications.html .
Fondamentale per il rilancio della Sound Art fu un celebre
symposium organizzato da ARTFORUM che vi invito a leggere http://artforum.com/symposium/id=6682
Mi limito di seguito ad una indicazione bibliografica http://www.soundohm.com/alan-licht/sound-art-beyond-music-between-categories/rizzoli-international-publications , e un paio di link ad artisti (in questo
caso anche scultori sonori) e qualche nome che mi piace ricordare di quelli
passati da una delle poche, se non l'unica, galleria d'arte italiana allora
dedicata esclusivamente alla Sound Art:
Max Eastley http://www.youtube.com/watch?v=E6WHdZPzfW8
Max Neuhaus http://www.max-neuhaus.info/
o le fascinose sculture di
Zimoun http://vimeo.com/7235817
Zimoun http://vimeo.com/7235817
Rolf Julius http://www.estatic.it/content/rolf-julius
Akio Suzuki http://www.estatic.it/content/akio-suzuki
Steve Roden http://www.estatic.it/content/steve-roden
Christina Kubisch http://www.estatic.it/content/christina-kubisch
E' importante rilevare comunque il
carattere apolide dell''ambito sperimentale. Nel senso che, come già detto,
educazione musicale ed educazione al suono, in quanto ambiti complessi
esperenziali e di studi, contribuiscono a rendere labile il confine tra una
tradizione sperimentale e l'altra. Basterà ricordare ad esempio la Foley Art,
ars reservatissima per eccellenza ma molto vicina per sensibilità a certa
musique concrète se non al vero e proprio sound design http://www.youtube.com/watch?v=UNvKhe2npMM
Segnalo a questo
proposito il bel blog (italiano) http://usoproject.blogspot.com/ dove, c.v.d., sono messi fianco a
fianco compositori come Agostino Di Scipio, guru della computer music come
Curtis Roads e sound designers per il Cinema del calibro di Ben Burtt o Walter
Murch.
AMBIENT-GLITCHNel considerare queste storie è necessario sempre tenere ben presente le conseguenze di quell'evento spartiacque nella storia che permise la diffusione capillare di realtà musicali sperimentali: mi riferisco alla diffusione di strumenti portatili, laptop, che provocarono la conseguente decimazione dei centri di ricerca delle istituzioni musicali (i Centri di Informatica Musicale) e l'inaugurazione di una fertile stagione dedicata spesso ad un puro solipsismo creativo (alcuni giornalisti coniarono il termine ambient-isolazionista, ad esempio per descrivere alcune esperienze estetiche). In questo periodo l'affermazione di grandi nomi dell'elettronica IDM, dell'estetica WARP e penso in primis a nomi come Autechre o Aphex Twin, contribuirono allo sviluppo di una scena estremamente variegata ed eterogenea che, beat o meno, aveva rimesso al centro della propria indagine creativa (indipendentemente dai Centri di Ricerca) il suono, la sua sintesi ed elaborazione informatica.
Consiglio a questo proposito la lettura del testo della
curatrice di "arti sonore" Daniela Cascella
http://www.altremusiche.it/sx/testi/recelibri/scultori.htm e anche quella
lettura un po' naive che è Oceano di Suono di David Toop; testo un po'
vecchiotto in cui confluiscono indifferentemente Debussy e Christian Marclay ma
che ha il pregio di aver tentato di rendere poeticamente la complessità della
trasformazione in atto in quel periodo. Questo testo è un po' la controparte
romanzata alla rivista mainstream di settore, da consultare obbligatoriamente
se si desidera essere informati sui fatti di cronaca relativi alla "musica
... contemporanea" tout court The Wire http://www.thewire.co.uk
The Wire sta alla musica contemporanea come Flash Art alle arti visive odierne: anche se a volte un po' snob, a volte un po' troppo hype-fighetto c'è da dire che, si tratti di compositori o improvvisatori, urlatori o interpreti, la rivista pubblica quasi sempre giudizi ben confezionati e informati. Non si sostituisce di certo alla storia ma che rende bene la cronaca dei fatti.
The Wire sta alla musica contemporanea come Flash Art alle arti visive odierne: anche se a volte un po' snob, a volte un po' troppo hype-fighetto c'è da dire che, si tratti di compositori o improvvisatori, urlatori o interpreti, la rivista pubblica quasi sempre giudizi ben confezionati e informati. Non si sostituisce di certo alla storia ma che rende bene la cronaca dei fatti.
L'ambito di cui sopra (con le dovute differenze che qui non
faccio e che chiamo genericamente ambient-glitch), ha segnato e continua a
segnare profondamente l'immaginario di molti. Ma è un immaginario sonoro
(opinione del tutto personale) che è sempre rimasto profondamente radicato in quello
che storicamente è l'animo pop della sperimentazione: certe atmosfere ambient,
moduli ripetitivi, drones, ricerca continua di nuove sonorità sintetiche o
concrete in un contesto che è comunque eufonico, secondo quella che è stata,
storicamente, la vulgata ambient classica. E qui si apre un mondo vastissimo di
esperienze sonore che è anche limitrofo alla musica popular (ad esempio certa
techno o la così detta IDM), e che flirta con certe logiche di mercificazione.
Farò comunque riferimento in questo contesto a quelle
musiche in cui il beat (per quanto opportunamente off, break, poly, drill vari
delle suddette esperienze) non è parte rilevante della struttura musicale.
In quest'ambito (ancora, tra l'ambient, il glitch e certa
musique concrète) vige quindi spesso una sorta di principio di indeterminazione
per cui maggiore è l'attenzione al dettaglio sonoro, o alla sua complessità
intrinseca (ad esempio in quanto drones o oggetto sonoro), minore è la
complessità generale della struttura musicale (nel senso compositivo, ritmico e
di tessitura-armonica).
E' per questo forse che quando molti compositori parlano di "musica elettronica sperimentale" si rivolgono solo a questo "genere",
perchè probabilmente intravedono nella sua semplificazione formale
(parallelamente alla fascinazione che subiscono per la complessità degli
oggetti sonori in gioco) una soluzione alle loro annose problematiche strutturali.
Ho molti dubbi circa l'efficacia delle analogie di cui parlano i compositori,
ma non è questo il contesto giusto per approfondire.
Alcuni nomi tra quelli che ritengo più interessanti,
portavoci di estetiche molto eterogenee tra loro: Ben Frost, Bernhard Günter,
Tim Hecker, Christian Fennesz, Richard Chartier, Alva Noto, Stephan
Mathieu, Seth Nehil, Steve Roden, Olivia Block, Alva Noto, Ryoji Ikeda, Oval,
Kim Cascone (questi ultimi anche noti per essere alcuni tra i maggiori
rappresentati del periodo d'oro della glitch-music. “poetica” musicale
limitrofa alle indagini sul suono teorizzate da Curtis Roads nel suo celebre
testo Microsound) http://mitpress.mit.edu/catalog/item/default.asp?tid=8587&ttype=2
Invece la "Collection Cinéma
pour l'oreille" della Metamkine ha segnato un vero e proprio rinascimento
per la musique concrète. Ne ha segnato in qualche modo una certa
maturità. Se la fortuna del GRM http://www.inagrm.com/
anni 90 è stata infatti in qualche modo legata allo sviluppo dei celebri GRM
tools (utilizzati da una generazione intera di compositori, con la conseguenza
che il 90% dei brani prodotti in quell'epoca suonavano uguali, così come molto
catalogo Empreintes DIGITALes), Metamkine ha segnato il punto d'incontro tra la
scena sperimentale e uno spirito artigianale originario della musique concrète
segnando quello che è poi diventato un
imperativo categorico presso molti compositori tra i più avveduti:
innanzitutto un utilizzo creativo della catena elettroacustica:
Mi permetto poi, per esclusivo gusto personale, di suggerire
l'ascolto dell'opera omnia di compositori quali Bernard Parmegiani
http://www.soundohm.com/bernard-parmegiani/l-uvre-musicale-en-12-cd/ina-grm
http://www.soundohm.com/bernard-parmegiani/l-uvre-musicale-en-12-cd/ina-grm
di un raffinatissimo poeta della soundscape composition come
Eric La Casa http://ascendre.free.fr/home2.htm
Eric La Casa http://ascendre.free.fr/home2.htm
e, tornando in Italia, di questo lavoro di Valerio Tricoli,
straordinario testimone di un' esperienza-limite psichedelica organizzata
acusmaticamente secondo rinnovati canoni della musique concrète
Ci sarebbero ancora molte cose da dire, realtà da segnalare. Ad esempio tutto l'ambito improvvisazione, tra cui molti eredi del free-jazz post Evan Parker. E' questo un ambito molto fertile per la sperimentazione strumentale che mantiene molti punti di contatto tanto con i maestri del free quanto con una concezione materica del suono che è facile anche ritrovare poi contestualizzata in maniera differente nelle pagine di compositori come Sciarrino o Lachenmann.
Mi limito ad evidenziare il catalogo di http://www.erstwhilerecords.com/catalog.html che contiene alcuni tra i protagonisti più interessanti di questa scena, qui
prevalentemente elettro-acustica: Keith Rowe, John Butcher, l'ensemble Polwechsel,
Andrea Neumann, Burkhard Stangl, Enrico Malatesta, Radu Malfatti, Annette Krebs
insieme a molti altri; meriterebbero un capitolo a parte i musicisti giapponesi
(si consulti http://www.japanimprov.com)
con veri e propri talenti come Otomo Yoshihide di cui riporto alcuni link a
video che meritano senz'altro di essere visti e ascoltati!
E proprio in tema di giappone, è importante accennare alle
esperienze estreme del noise made in Japan; quelle ad esempio di Masami Akita
(Merzbow)
http://www.youtube.com/watch?v=FgOg6aYqASY&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=FgOg6aYqASY&feature=related
o di Masonna http://www.youtube.com/watch?v=7pLd4KZCKuA
si tratta qui di esperienze estreme di suono che, proprio perchè non mediate
da alcun filtro che non sia quello, isterico, derivante da una ipersaturazione
strumentale e macchinica, sintetizzano efficacemente il nostro tempo.
Mi fermo qui. Con l'auspicio di avere - con questo panorama sufficientemente ampio- stimolato almeno la
curiosità del lettore ad approfondire quest'ambito assolutamente eterogeneo di
esperienze musicali che in Italia è emarginato dai media
tradizionali, anche quelli specialistici.
Fatte sempre le dovute eccezione come in parte testimoniano
l'impegno documentario della rivista Blow Up e il programma radiofonico Battiti .
Fabio Selvafiorita
E poi dicono che la musica italiana è provinciale ;)... Guardate un po' qui... http://www.youtube.com/watch?v=B5utxKHgnXQ
RispondiElimina@ bla78 ah ah ah ah ah! ma cosa c'entra?
RispondiElimina(molto interessante il pezzo. bravo fabio)
Non avevo notato questo articolo :-)
RispondiEliminache dire, rigenerante :-) conosco alcune delle cose elencate ma sento sempre il bisogno di un approccio metodico. Dovrò prendermi le guide di Wire, prima poi...