Un
progetto di Ecosistema Musicale Virtuale
nel
bicentenario della nascita di Charles Darwin (1809)
In anni
recenti è tornato d'attualità sui grandi mezzi di comunicazione il dibattito tra
Creazionisti ed Evoluzionisti.
Come sappiamo, la materia del contendere
risiede sostanzialmente nella domanda se all'origine della biosfera vi sia un Disegno Intelligente elaborato dal
volere di un Ente superiore ed
esterno alle forze puramente "naturali" che operano nel mondo, oppure
se l'emergere della vita, sul nostro come molto probabilmente su innumerevoli
altri pianeti dispersi nelle galassie, sia causata da un Evento avvenuto
“casualmente” ( il primo sorgere di amminoacidi, base della chimica organica)
che, pur se apparentemente molto improbabile, al contrario risulta statisticamente
certo se considerato nella scala temporale della storia di questo pianeta, che
ammonta a quanto si sa a parecchi miliardi di anni.
Ovviamente non è a questa domanda che intendo
qui tentare di dare una risposta:
vorrei invece limitarmi a proporre
ai miei lettori una interessante (almeno, per me) analogia tra
teoria scientifica e pratica artistica.
La recente ristampa di un libro di un celebre
biologo evoluzionista - Richard
Dawkins, L'orologiario cieco, Milano
2009 – libro interessante e pieno di argomentazioni affascinanti e scritte in
linguaggio divulgativo, mi ha dato lo spunto per ritornare su un tema che mi è molto caro, e cioè l'analogia tra le "procedure"
della evoluzione delle specie viventi e le tecniche di "proliferazione del
materiale" nella composizione musicale. A prima vista sembrerebbe un argomento
da addetti ai lavori, ma è molto
meno esoterico di quanto sembri.
Invito il
lettore, da qui in poi, a immaginare che l'oggetto delle mie prossime argomentazioni non siano esseri viventi biologici, ma
organismi musicali con le loro qualità (altezze, durate, timbri, intensità, complessità
...) e immersi, per così dire, in
ecosistemi musicali che ne condizionino la natura e lo sviluppo.
Innanzitutto, è bene chiarire che L'orologiaio cieco non è altro che una
suggestiva immagine per descrivere il carattere dell' Evoluzione naturale.
Essa, come è noto, opera passo dopo passo selezionando le qualità che meglio
garantiscono agli individui (o ai
gruppi di individui) la
sopravvivenza e la riproduzione, e giunge così a dar luogo ad organismi
estremamente complessi.
Ma la cosa di gran lunga più
affascinante nell'operare della Evoluzione è che essa "crea"
sempre nuove forme e trasforma profondamente quelle esistenti senza partire da un progetto
preesistente. Cioè - ed è
per questa ragione che viene
contrapposta alla teoria creazionista - è
come un artigiano che eserciti la sua raffinatissima craftsmanship sui materiali,
arrivando a realizzare opere di superba fattura, meccanismi perfetti come quelli di un orologio
di alta precisione, pur senza
avere in mente fin dall' inizio alcun progetto dell'opera, ma solo reagendo
passo dopo passo per rispondere nel modo più efficace alle difficoltà che
incontra nel misurarsi con le caratteristiche dei materiali utilizzati.
Questo procedere cosi cieco dell'Evoluzione sgomenta per il suo aspetto tanto paradossale
: come si può pensare che un
intero universo biologico, con le sue infinite e
fantasticamente complesse varietà di
specie, sia il
risultato di un processo totalmente impersonale,
senza alcuna volontà consapevole, né progetto, né direzione intenzionale ?
Dawkins chiarisce molto bene questo paradosso,
spiegando la differenza tra la selezione
per passi singoli e la selezione cumulativa
. La prima è totalmente frutto del caso, in quanto in essa le probabilità
che un dato evento si ripeta è
ogni volta uguale : per
quante volte noi lanciamo la moneta, la possibilità di ottenere testa (o croce) è sempre
il 50% . Ciò non toglie che sia possibile una sequenza anche rilevante di
risultati uguali - ad es. 10 volte
di seguito croce - ma tale
sequenza così eccezionale rimane ugualmente un evento altamente improbabile,
destinato a non avere alcuna
conseguenza sulle sequenze successive (al contrario di quanto immaginano i
giocatori d'azzardo ...)
Nella selezione cumulativa invece ogni "sorteggio" riparte dai risultati
dei sorteggi precedenti, e ad ogni
passaggio successivo il campo delle possibili variazioni non è sempre
lo stesso, ma è "orientato" dal contesto:
"....
i risultati di un processo di cernita vengono sottoposti ad un ulteriore processo
di cernita, e i risultati di
questo processo vengono a loro volta sottoposti ad una nuova cernita, e
via dicendo .... nella selezione cumulativa la probabilità è un ingrediente
solo secondario.... essa è essenzialmente NON casuale.....se il progresso
evolutivo dovesse fare affidamento
sulla selezione a passi singoli, esso non sarebbe mai arrivato da nessuna
parte. Se, invece, ci fosse un
modo in cui le condizioni necessarie per la selezione cumulativa potessero
venire stabilite dalle forze cieche della natura, si potrebbero avere
conseguenze strane e mirabili. Di fatto, questo è esattamente quanto accade
su questo pianeta, e noi stessi siamo fra le conseguenze più
recenti, se non le più strane e mirabili, di questi sviluppi."
Dunque, l' evoluzione naturale non ha un obiettivo a lungo termine nè un fine ideale di perfezione, nè tantomeno punta
a realizzare un qualsiasi progetto elaborato precedentemente e tuttavia,
attraverso la selezione cumulativa,
la sua attività non è casuale ma è
in qualche modo orientata, però esclusivamente verso un obiettivo a
breve termine.
E questo obiettivo a breve termine non può
essere altro che la massima posta in
gioco, cioè l’esistenza stessa dell' individuo e della specie : il
processo di selezione cumulativa è
finalizzato alla sopravvivenza. Anche la più trascurabile, la minima
modificazione della forma e del funzionamento di un organismo è una risposta
biologica alla pressione ricevuta dall'ambiente e dalla competizione con altri
organismi, sia della stessa come di altre specie, al fine di conseguire un
migliore adattamento e maggiori
possibilità di sopravvivenza e riproduzione.
A questo punto forse possiamo uscire dalla
metafora e provare a immaginare se
la teoria dell' evoluzione naturale potrebbe in qualche modo, per analogia,
essere applicata alla creazione artistica e musicale. Ovviemente questa
analogia non è un idea dello scrivente, ma è stata già sperimentata, in varie forme più o meno esplicite o consapevoli, da
artisti di varie discipline.
Linguaggi strutturati di espressione artistica basati su selezioni cumulative di
organismi complessi sono rinvenibili ad esempio già nelle ricerche
sulla figurazione di Paul Klee, e
nel lavoro di diversi compositori
post-dodecafonici come Stockhausen o Berio .
Uno scrittore come Joyce, nel suo ripensare da
capo le regole della narrazione e le derive del linguaggio quotidiano, doveva
indubitabilmente utilizzare un setaccio
semantico cumulativo nella scelta
degli organismi linguistici di cui è composta la sua
prosa tanto inventiva e fantastica ma al tempo stesso così terrena e quasi
naturalistica …per non parlare dei
grandi poeti, per i quali ogni singola
parola è una creatura complessa con una lunga e precisa filogenesi, che va
compresa nel suo contesto poetico/linguistico e selezionata con la stessa attenzione con la quale i
biologi interpretano il ruolo di ogni singola specie nell’ecosistema.
Non ho i mezzi critici per andare oltre nella
discussione, ma immagino che queste poche suggestioni abbiano evocato nella
mente di qualche lettore i nomi di
molti altri autori .
Ho citato questi esempi perché mi pare che la
caratteristica che li accomuna e
li rende così importanti per la storia recente della
Cultura sia quello stesso modo di procedere
del pensiero logico-sequenziale che è
alle radici dell’invenzione
più straordinaria del secolo
scorso : il computer . E’ facile
rendersi conto di come il pensiero
informatico, quasi
plasmandosi in analogia con le modalità funzionali
elementari della mente umana e della selezione naturale, (la sequenza informativa e la selezione basata su
regole biunivoche ) abbia modificato la società, la nostra percezione del mondo
e il nostro stesso modo di ragionare. Ed è tipico del pensiero informatico il
procedere step by step lungo una
serie di atti singoli rigorosamente codificati. Una stringa di programmazione
non è altro che una serie di istruzioni elementari e inequivoche che la macchina esegue in modo
impersonale, senza una propria volontà deliberata e senza “sapere” a quale fine
queste istruzioni tendano.
Lasciamo per il momento ancora aperta una aporìa che appare insuperabile nel
nostro esperimento e cioè che, se nel mondo reale della natura possiamo
affermare con una certa sicurezza
che l’evoluzione è avvenuta e
tuttora continua senza un progetto, in
quello virtuale informatico per il
momento non esiste ancora un programma che si scriva da sé, e
quindi è necessario un Autore Del
Programma che sappia a che cosa
serve il programma stesso.
Ho usato la parola “Autore” sia per riferirmi
al sostantivo che si usa per il creatore di una qualsiasi opera d’arte, sia perché mi è venuto alla
memoria l’incubo fantascientifico/ informatico della serie cinematografica Matrix e le sue suggestive implicazioni
con la cultura odierna. La creazione
di un intero mondo parallelo programmato al computer e per così dire “proiettato” nella mente degli
umani per distoglierli dalla dura realtà del mondo reale. Suggerisco agli
appassionati del genere un
libro interessante e insolito: William Irwin (a cura di ), Pillole rosse – Matrix e la filosofia, Milano 2006.
Entriamo ora finalmente nel cuore della
questione, e immaginiamo di
tentare questo
esperimento un po’ pazzo :
creare un Ecosistema Musicale Virtuale
(EMV) .
Innanzitutto dobbiamo porci il problema non facile di definire cosa sia un organismo musicale . Come nella sfera
biologica siamo portati a definire organismo una forma di vita costituita da un insieme di
cellule strutturato per assolvere alle diverse funzioni biochimiche necessarie
alla sussistenza, così per analogia dovremmo identificare delle analoghe
funzioni musicali.
Questo però ci porta necessariamente a scendere
ancora più in basso, alle radici
del fenomeno musicale, per
indagare su che cosa siano a loro volta queste funzioni musicali che gli
organismi devono assolvere. E qui le strade della scienza e quelle della musica
si annodano inestricabilmente,
perché questa ricerca – la radice semantica del linguggio musicale – incrocia
molte discipline complesse , dalla linguistica alla neurologia alla
psicoacustica, fino alla
filosofia.
Nel poco spazio di cui disponiamo in questa sede limitiamoci quindi a prendere
atto che da questo incrocio si diramano
tante strade diverse , e che le ricerche in corso sono ancora all’inizio
e non hanno dato risultati del tutto convincenti : né forse vi approderanno mai , permettendo così per
il futuro - per nostra fortuna ?- che continui ad
esistere un mistero insondabile ma tanto indispensabile come l’arte di far
musica .
Diamo quindi per scontato che siccome
innegabilmente esiste quella cosa che noi
chiamiamo musica, allora devono esistere nella mente degli uomini delle funzioni musicali, e un
linguaggio che le veicoli dando loro un senso, attraverso la strutturazione di
unità di senso elementari che nel loro giustapporsi, alternarsi, imitarsi,
variarsi, fondersi, separarsi, organizzarsi in strutture più
grandi e complesse
approdino ad un linguaggio
altamente formalizzato, totalmente autosufficiente e non traducibile in nessun altro linguaggio.
Ai miei occhi appare ad es. lampante l’analogia
tra la codificazione delle stringhe di
DNA con le sue sequenze genetiche e la rilettura/duplicazione nel RNA ,
e le procedure di rilettura/filtraggio utilizzate dai compositori
post-weberniani. Con la differenza che mentre nel processo di codifica/decodifica del DNA sembra che tutto il dispositivo sia finalizzato
esclusivamente a copiare fedelmente il codice genetico per conservare le
caratteristiche della specie, e
solo raramente un errore di copiatura induce delle mutazioni tali da modificare la costituzione fisica
dell’organismo, nei processi compositivi al contrario ciò che primariamente ci
interessa è che la rilettura (la selezione cumulativa
di cui abbiamo
parlato più sopra) dia luogo in breve tempo a
novità rilevanti e inattese.
Potremmo
dire che l’atteggiamento del
compositore, nell’ imitare i processi evoluzionistici, sia esattamente all’opposto di
questi ultimi : mentre la “natura” appare conservativa e cambia direzione solo quando costretta da elementi
esterni che ne turbano
l’equilibrio, il compositore è invece interessato a forzare l’inerzia del
materiale su cui lavora,
introducendo elementi di disturbo, o catalizzatori che agiscano con grande
forza sui processi e ne accelerino lo sviluppo, alla ricerca di esiti il più
possibile imprevisti e sorprendenti.
Per iniziare a organizzare il nostro EMV possiamo decidere
di utilizzare come “amminoacidi
di base” alcuni
organismi già abbastanza
complessi, strutturati ed esistenti
“in natura” , ad esempio dei
brevi segmenti melodici, degli aggregati accordali e una serie di durate.
Il nostro EMV
dovrebbe nelle nostre intenzioni
svilupparsi- ammesso che possa farlo ! – spontaneamente, per
autofecondazione, a partire da questi elementi, con poche regole
altrettanto elementari, e
determinate da circostanze musicalmente inevitabili .
Cosa significa “inevitabili ” ? Che nella codifica delle regole si dovrebbe cercare di escludere il più possibile
l’influenza del gusto personale del compositore. Noi infatti
cerchamo di identificare le
condizioni minime
indispensabili per l’emergere di
un mondo ( κόσμος ) musicale che si sviluppi autonomamente a partire da poche regole cogenti.
Non è indispensabile farsi aiutare in questa
difficile impresa da un computer, ma è di
certo molto più comodo e veloce che mettersi a scrivere a mano su carta
pentagrammata migliaia di permutazioni intervallari e/o ritmiche: anche se
forse i numerosi errori materiali derivanti dal lungo e noioso
lavoro manuale da un lato arricchirebbero di ulteriori esiti imprevedibili il
nostro esperimento, ma dall’altro ne inquinerebbero, per così dire, la purezza originaria, minando
alla radice i postulati stessi dell’esperimento.
Decidiamo quindi di utilizzare il computer,
facilitati nella scelta anche dal
prezioso lavoro fatto per noi da un
team multinazionale di
programmatori che nel corso di molti anni ha progettato e realizzato
alcune applicazioni fondamentali che fanno al caso nostro, tra le quali la più
efficace e modulabile per una infinità di
funzioni è Open Music ( la
cui breve scheda informativa
è reperibile all’indirizzo http://forumnet.ircam.fr/697.html).
Non vi
è lo spazio qui per descrivere il funzionamento
di questa applicazione , ma
possiamo riassumerlo dicendo che Open
Music dispone di una serie
di oggetti “operatori” ognuno dei
quali svolge una funzione
elementare , e che questi
operatori possono essere
connessi in sequenza per formare degli
algoritmi di calcolo (Patches) altamente
strutturati. Si tratta quindi di
un sistema di programmazione estremamente duttile e aperto con il quale, immettendo pochi dati di partenza e
le istruzioni sul modo di svilupparli,
si possono ottenere in tempo reale risultati
spesso imprevisti e straordinari,
grazie alla velocità di calcolo del computer nell’ elaborare quantità enormi di dati.
L’ipotesi di simulazione del nostro EMV dovrebbe funzionare più o meno come segue : una volta immessi come materiali di partenza
i nostri amminoacidi bio-musicali, ad esempio segmenti melodici e/o aggregati accordali e/o
una serie di durate, e programmando adeguatamente uno o più Patches ( gli algoritmi di calcolo) che rileggano questi materiali con un processo ricorsivo di lettura/filtraggio/variazione (la citata selezione
cumulativa), dovremmo poter
avviare un sistema di proliferazione
autoalimentata del materiale.
Questa qui descritta sommariamente potrebbe essere una ricetta per la creazione di un Ecosistema
Musicale Virtuale che cresca sotto i nostri occhi ( le nostre orecchie, per meglio dire!) con un
processo totalmente impersonale, senza alcuna volontà consapevole, né progetto,
né direzione intenzionale, ma che sviluppi tuttavia strutture complesse e organiche,
e che abbiano un senso propriamente musicale ?
Giro la domanda ai miei lettori, invitandoli a
collaborare all’ambizioso progetto musical- darwiniano.
Immagino però che a questo punto molti storceranno il naso, ritenendo che lo specifico della creazione artistica non
possa consistere in un banale problema di
programmazione informatica, ma risieda in una sfera più alta, quella
dell' "ispirazione", o della emotività.
Per rispondere e giungere - provvisoriamente -
a qualche conclusione , dobbiamo tornare all’interrogativo che abbiamo citato più
sopra: come risolvere l’aporia che si apre tra la nostra analogia con il sistema evolutivo che si sviluppa senza un progetto, e la necessità che il “programma” (informatico o meno) per mezzo del quale si realizza l’ esperimento debba
essere necessariamente compilato da un Autore ?
Potrei rispondere che il programma dovrebbe
limitarsi a contenere poche regole, il
più possibile analoghe a
quelle della selezione naturale : la posta in gioco dovrebbe essere la
sopravvivenza degli organismi musicali . Ad es. un aggregato accordale dovrebbe poter mantenere inalterato il numero dei suoni che lo costituiscono,
o in alternativa aumentarli fino
ad un certo limite, ma NON
diminuirlo, pena la cancellazione dal sistema.. e così via per i segmenti melodici e le
durate etc.
Ma la riflessione potrebbe andare molto oltre,
fino alla constatazione che escludere dalla stesura del programma la finalità e
il gusto estetico personale del
compositore significa andare verso
una nuova concezione della Poiésis
(ποίησις) e
dello statuto stesso dell’Arte come lo
abbiamo conosciuto fino ad
oggi. Già da tempo, del resto, il
concetto di Bello è stato ripetutamente rimesso in discussione nella storia dell’Arte,
e più recentemente in modo
radicale dalle avanguardie del Novecento. Per esse, l’orizzonte della ποίησις doveva aprirsi a nuove forme di comunicazione che trascendessero il
puro messaggio estetico per includere
prese di posizione sul mondo e sulla società anche provocatorie e
(apparentemente) “anti-artistiche”.
La feroce critica antiromantica che ha segnato
il Novecento appare destinata nel nuovo
secolo, con lo sviluppo
della scienza e le dirompenti
ripercussioni sociali e
culturali che le tecnologie provocano,
ad approdare a orizzonti ancora più radicali della comunicazione artistica, nei quali il concetto di Estetica
e il ruolo stesso dell’Autore potrebbero scomparire, a favore di esperienze
di creatività impersonale e senza progetto, quale quella che abbiamo qui ipotizzato, oppure di creatività collettiva come già avviene
oggi in Rete , attraverso Communities nelle quali ogni utente può partecipare
con il proprio contributo al lavoro
creativo del gruppo.
Si profila dunque all’orizzonte una nuova
Cultura nella quale i confini tra ricerca artistica e ricerca scientifica
saranno meno definiti, e le due discipline convergeranno progressivamente su un
terreno comune ?
La risposta è ancora aperta , ma di certo possiamo dire
che le strade di Arte e Scienza corrono oggi più vicine che mai, e spesso si
incrociano.
Spero di essere riuscito, nel breve spazio a
mia disposizione, a suscitare curiosità
e interrogativi sulle affascinanti
problematiche qui sommariamente esposte, e rimango in attesa di commenti , suggerimenti e
critiche dei lettori.
Veramente molto interessante, grazie.
RispondiEliminaMa questo software è in grado di gestire anche altri parametri oltre all'altezza e la durata, tipo il timbro e la dinamica? Come entrerebbero poi, a far parte dell'"organismo" musicale?
L'ultima versione da me conosciuta di "Open Music" risale ad alcuni anni fa e so che alcuni compositori la usavano principalmente come ausilio nel trattamento di altezze e durate, mentre per i timbri generalmente usavano dei banchi ordinari di suoni campionati. Ma immagino che adesso gli sviluppatori abbiano fatto molti passi avanti.
RispondiEliminaNon so se sia stato integrato con algoritmi di trattamento audio,ciò è potenzialmente è possibile, dato che tra i softwares elaborati dall'IRCAM ci sono parecchie applicazioni di audio editing, e molto raffinate.
Quanto alla seconda domanda, una volta che anche i parametri timbrici e dinamici siano gestibili in un software integrato , non vedo problemi a includerli nell'ecosistema musicale virtuale, allo stesso livello degi altri parametri .
Grazie mille.
EliminaUn bel magma, comunque, di materia... tra il predeterminato e l'indeterminato.