"Sto diventando un po' troppo critico per potermi illudere ulteriormente di avere qualche talento" - F. Nietzsche


"Musica est exercitium aritmaeticae occultum nescientis se numerari animi“

- G.W. Leibniz


"I pecoroni non vogliono diventare padroni del loro lavoro!" - C.T.


"Tutta la musica è contemporanea."

lunedì 20 ottobre 2014

Fare il "compositore contemporaneo" è un MESTIERE ?


Ogni tanto mi capita di essere destinatario delle amare riflessioni di compositori più o meno miei coetanei che raccontano di essere stati manipolati, terrorizzati, o addirittura di aver avuto "tagliate le gambe" o di essere stati pesantemente ostacolati psicologicamente nella loro formazione creativa dai loro Maestri di Conservatorio, tipicamente gli esponenti di punta delle "avanguardie" degli anni '70. 
A loro dire, chi dichiarasse di amare Schumann o pretendesse di analizzare in classe che so, Schubert,  veniva fatto oggetto di sprezzanti commenti, di pubblico disonore. Peggio succedeva a chi scrivesse musica tonale o usasse triadi consonanti, pur magari in un contesto di non rigorosa armonia "tradizionale"; e se in una composizione atonale o seriale - di rigore in quegli anni negli ambienti accademico/ conservatoriali- venisse reperita qualche ottava o, peggio che andar di notte, raddoppio di ottava o di unisono nell'orchestrazione, scattava l'ostracismo e l'accusa di essere reazionario se non "fascista"! 
Insomma, secondo questi racconti, pare che in alcune classi di composizione di quel periodo vigessero delle regole Zdanoviane; che i giovani compositori fossero tutti dei piccoli Shostakovic torturati dai torvi Ispettori del Ministero della Cultura Popolare, e che molti brillanti compositori in erba fossero a tal punto condizionati, choccati dal terrorismo psico/ideologico dei loro Maestri,  da smettere di studiare o di scrivere musica. 

Non dubito della sincerità di questi racconti: stimo molto, e sono amico sincero,  di molti tra coloro che narrano questi "Racconti della Kolyma" da Conservatorio.
Anche se la mia personale esperienza non è così terrificante: forse sono arrivato quando la situazione si era già un po' "ammorbidita", oppure sono stato più fortunato di loro con gli insegnanti, non so.
Tuttavia, vorrei dire che se un compositore è un compositore, scrive musica comunque, perchè è un bisogno fisiologico, è una necessità esistenziale prima che l'esercizio di una professione, e non si lascia condizionare dai veti ideologici di chicchessia, semplicemente perchè ciò gli sarebbe impossibile.
Se uno E' un compositore, subisce magari le pressioni, si adegua per sopravvivere se non può ribellarsi, ma non molla. Perchè non ha scelta: E' un compositore, non studia per diventarlo come si studierebbe per diventare geometra o agrimensore (con tutto il  rispetto per queste indispensabili professioni). 
Qui è l'equivoco di fondo del Conservatorio di allora, e forse anche di oggi: si pensa magari che ( parlo delle classi di composizione) sia una scuola come tutte le altre, nella quale uno entra, impara un "mestere", esce con un pezzo di carta in mano e si sente in diritto di esercitarlo, come fosse soltanto un mestiere, appunto, invece che un'Arte. 
Poi con quel pezzo di carta in mano si sente in diritto di pretendere che "la Società" gli fornisca commissioni con le quali condurre una vita professionale serena se non benestante, ragionevolmente confortevole e possibilmente piena di adeguati riconoscimenti. 
Non è così.
Comporre musica non è un mestiere come un altro. A me pare che tutto sommato quelli che non ce l'hanno fatta a sopravvivere ai "rigori" del clima culturale dei Conservatori degli anni 70/80, evidentemente non erano fatti per essere compositori. E forse è stato un bene, prima di tutto per loro, che abbiano desistito.
In altri paesi europei che ho visitato e che conosco, vengono offerte ai govani compositori occasioni che qui da noi ci sognamo: esecuzioni di pezzi per grande orchestra già ai primi anni di studio, registrazioni di dischi, passaggi radiofonici, esecuzioni in stagioni prestigiose. Tutto bellissimo, fosse così anche qui in Italia: ma al tempo stesso queste occasioni offerte in quantità e forse senza adeguata selezione inducono nei soggetti interessati una concezione superficiale della loro attività, del loro compito di fronte alla società. Riducono la competizione e la qualità delle opere. 
Non è per caso che ancora oggi, pur con la disorganizzazione delle nostre scuole di musica, i compositori italiani siano ancora  tra i più validi, tra i più interessanti, tra i più originali. Perchè per continuare a fare i compositori devono sopravvivere in un ambiente ostile. 
E tra questi, infatti, ci sono molti degli amici che mi raccontano delle loro difficoltà, dei loro "traumi" da studenti di fronte all'ambiente "ostile" del Conservatorio, negli anni della loro formazione. 
Ma hanno tenuto duro, hanno continuato a scrivere, perchè SONO dei compositori. 
Magari non hanno avuto i successi e le occasioni di altri che cavalcavano con maggior furbizia e opportunismo l'onda del momento: ma erano compositori, lo sono tuttora: e lo rimarranno, quando cadranno i veli e si vedrà (già si vede da tempo) che il Re è Nudo. 

PS. Ovviamente questi miei pensieri non intendono essere una apologia del darwinismo musicale. Sarebbe certamente bene trovare un migliore equilibrio fra occasioni di lavoro e qualità dell'insegnamento scolastico. Ma questo è un altro discorso. 



1 commento:

  1. Non credo che oggi fare il compositore, possa essere considerato un mestiere.Il compositore, tranne in alcuni rari casi, questa volta non mi riferisco solamente al nostro paese, ma un po’ in tutto il pianeta è così,non ha mai vissuto del proprio comporre. Le ragioni come si sa, sono diverse, di natura politica, conoscenze nel settore.Mi spiego.Ammettiamo che tu sia un bravo compositore,se conosci o chi per te, un buon o grande editore, di certo non avrai il problema non solo delle pubblicazioni, ma queste a loro volta saranno il passaporto per accedere ad importanti festival, rassegne, ecc..Quindi non avrò di che preoccuparmi per il mio vivere.A questo punto potrò dire, che il compositore vive del proprio lavoro, considerando il comporre questa volta si, come un mestiere.Nel libro “Lei sogna a colori” una bellissima e lunga intervista fatta a Ligeti, lo stesso dice a proposito di questo:” per diventare compositori bisogna avere qualcuno alle spalle, altrimenti diventa quasi impossibile” poi cita i nomi di Henze, Nono, ecc; che a suo avviso, hanno potuto farsi conoscere, e vivere più che dignitosamente, perché protetti.Per quel che concerne l’aspetto didattico soprattutto da noi in Italia, a me pare che tranne in rarissimi casi, dalle classi di composizioni dei Conservatori italiani, siano usciti in quest’ultimi decenni, una classe di “compositorini” di gente che non sa nemmeno cosa sia realmente la composizione. E’ vero quello che dice il M° Rivolta riguardo al fatto, che se sei un compositore lo sei e basta, ma è proprio qui il punto dolente.E’ che questi non sono compositori, sono didatti.Come si fa in pieno XXI secolo, ad insegnare ancora il “Buon comporre”, mi riferisco alla cosiddetta composizione tradizionale, con trattati “vomitevoli”, che affermano delle cose, per poi contraddirsi nel capitolo seguente, per poi di nuovo confermarli(da diventare matti).Poi abbiamo la nuova didattica.Anche qui c’è da ridere..Sembra una continua catalogazione, leggi questo testo, poi anche quell’altro, ecc..Ma il mestiere del comporre, dov’è!Esci con un pezzo di carta in mano, si, passano alcuni anni si, e si ti va bene ti ritrovi ad insegnare alle scuole dell’obbligo.E’ sempre una questione di metodo.I didatti devono fare gli insegnanti, il compositore deve creare..Appunto o sei un compositore o non lo sei..Mi sono trovato a tu per tu, con studenti che avevano studiato con Lachenmann, Stockhausen, Grisey, ecc,ma non sapevano mettere quattro voci insieme.Poi mi permetto di dissentire da quello che dice il M° Rivolta, sul fatto che i compositori italiani, siano interessanti, originali, perché sopravvivono in un ambiente ostile, questo è vero, ma solo questo.In quanto all’originalità e validità, ho i miei dubbi.Oggi vedo una classe di compositori o presunti tali, che sguazzano nelle acque più torbide dell’ovvietà, come avrebbe detto Adorno nella sua sociologia della musica.Persone che assegnano “leoni d’argento”, a DJ, che declassano Festival o Rassegne musicali, che una volta furono vessillo pregiato della nostra cultura musicale, che collaborano con personalità equivoche del mondo della musica leggera, dicendo poi male di Stockhausen, risolini, o che addirittura insultano i grandi del passato.Si è vero, noi abbiamo avuto una grande storia fatta di immensi musicisti, Maderna, Berio, Donatoni, che hanno amato la musica senza mezzi termini.Ma allo stesso tempo sono state grandissime personalità molto isolate, che non hanno purtroppo scalfito l’ottusità imperante.Per me quello che più conta è vivere di musica ed amarla fino in fondo.Poi se comporre sia un mestiere, credo aspetti solo alla storia dirlo.Per finire citerò una bellissima frase di Antonio Gramsci “La storia insegna ma non ha scolari”.
    Alberto Jacopucci

    RispondiElimina