"Sto diventando un po' troppo critico per potermi illudere ulteriormente di avere qualche talento" - F. Nietzsche


"Musica est exercitium aritmaeticae occultum nescientis se numerari animi“

- G.W. Leibniz


"I pecoroni non vogliono diventare padroni del loro lavoro!" - C.T.


"Tutta la musica è contemporanea."

martedì 21 aprile 2015

Claudio Abbado: Homo Faber o cantore del Tramonto dell'Occidente?

Ho appena finito di leggere questo libro, che mi pare il rendiconto abbastanza sommario ma fedele di una vicenda umana e artistica esemplare, vissuta nel fuoco dell'attualità, interpretando la temperie socio/culturale con coraggio e passione utopistica.
Abbado fu innanzitutto homo faber, e si fece creatore di opere non solo artistiche ma anche istituzionali.
Fu alto interprete del suo tempo in un periodo (anni ca.1960-2000) caotico e tormentato, ma traboccante di fermenti artistici. Gli è capitato di nascere e vivere nel momento "giusto", e strada facendo ha inventato gli strumenti per realizzare le sue aspirazioni, che forse in altro contesto storico non avrebbe nemmeno immaginato.
Non intendo affatto con questo sminuire il suo valore.
Dico solo che oggi noi siamo invece immersi in una nebbia nella quale orientarsi, intravvedere il cammino da percorrere è più difficile. Dopo la grande crisi bellica e lo sconvolgimento culturale post-bellico, il bisogno di rimettere al giusto posto valori e priorità era impellente e chiaro per tutti.
Oggi viviamo ancora nel fall-out, nell'eco sempre più lontana di quella esplosione, e siamo in un no-man's-land nel quale si intravedono già i futuri sconvolgimenti sociali e culturali, ma questi sono ancora abbastanza distanti, non ci colpiscono ancora direttamente, rifugiati come siamo nelle nostre ridotte sempre più anguste e cieche, ma in grado ancora per un po' di proteggerci.
Oggi, a voler urlare a voce alta che la catastrofe prossima ventura è già qui, fuori dalla nostra porta, si viene presi per pazzi. Ci è dato in sorte di vivere in questa illusoria oasi storica, nella quale le forze telluriche che squasseranno il nostro mondo stanno ancora accumulandosi sottoterra, e noi possiamo ancora per un po' occuparci delle nostre meschine "carriere" personali, o di musichette da ballo per far divertire e distrarre i passeggeri del Titanic sul quale navighiamo.
Tornando al libro: mi pare indulgere eccessivamente nel dipingere Abbado come il cantore del "Tramonto dell'Occidente", una specie di Tiresia che vede solo il Negativo e la Fine della Civiltà.
Se ha dato questa impressione, sopratutto nel periodo centrale, scaligero, della sua carriera, è perché si è assunto il compito (e il dovere storico) di rimettere al posto che loro competeva certi compositori della "Krisis" mitteleuropea dimenticati dalla nostra troppo spensierata borghesia melomane.
Un ultimo appunto sull'autore del libro: è per me incomprensibile, e a tratti fastidioso, questo utilizzare spesso un linguaggio misterico, filosofeggiante, che mi pare forzare le intenzioni e le interpretazioni di Abbado (perfino sull'opera comica rossiniana!) in un contesto tragico da Finis Historiae.
Non sono sicuro che il Maestro avrebbe approvato.