Ogni tanto mi capita di essere destinatario delle amare riflessioni di compositori più o meno miei coetanei che raccontano di essere stati manipolati, terrorizzati, o addirittura di aver avuto "tagliate le gambe" o di essere stati pesantemente ostacolati psicologicamente nella loro formazione creativa dai loro Maestri di Conservatorio, tipicamente gli esponenti di punta delle "avanguardie" degli anni '70.
A loro dire, chi dichiarasse di amare Schumann o pretendesse di analizzare in classe che so, Schubert, veniva fatto oggetto di sprezzanti commenti, di pubblico disonore. Peggio succedeva a chi scrivesse musica tonale o usasse triadi consonanti, pur magari in un contesto di non rigorosa armonia "tradizionale"; e se in una composizione atonale o seriale - di rigore in quegli anni negli ambienti accademico/ conservatoriali- venisse reperita qualche ottava o, peggio che andar di notte, raddoppio di ottava o di unisono nell'orchestrazione, scattava l'ostracismo e l'accusa di essere reazionario se non "fascista"!
Insomma, secondo questi racconti, pare che in alcune classi di composizione di quel periodo vigessero delle regole Zdanoviane; che i giovani compositori fossero tutti dei piccoli Shostakovic torturati dai torvi Ispettori del Ministero della Cultura Popolare, e che molti brillanti compositori in erba fossero a tal punto condizionati, choccati dal terrorismo psico/ideologico dei loro Maestri, da smettere di studiare o di scrivere musica.