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"I pecoroni non vogliono diventare padroni del loro lavoro!" - C.T.


"Tutta la musica è contemporanea."

mercoledì 11 gennaio 2012

Il parere dei lettori: la musica contemporanea forse non è morta, ma......

Matthias Stom- La guarigione di Tobia
Accademia Carrara, Bergamo

Il mio recente post La musica contemporanea è morta ha provocato una elevatissima, inaspettata quantità di commenti, sia su questo blog che in forma privata.
Cercherò qui di tirare le fila dei vari interventi, individuandone i punti comuni, e le proposte avanzate.  Spero di fare una cosa utile. 
 Ma il dibattito continua.. 




"Tutta la musica è contemporanea."

La tesi di fondo del mio postla constatazione della radicale perdita di valore socialmente e culturalmente condiviso di questa forma di arte, ha trovato sostanzialmente d'accordo tutti i commentatori.
Come ho ripetutamente chiarito, viene qui posto l'accento sull'aspetto "sociologico" di tale stato di fatto, prescindendo da valutazioni di ordine estetico sulle opere di  questo o quel singolo compositore, che rischiano di complicare molto la discussione.
I lettori di questo blog insomma non ritengono una illusione ottica il semplice dato condiviso dai più: la Mus. Cont. "accademica", o "colta", non è (ancora) morta, ma ha visto negli anni ridursi progressivamente la platea dei suoi sostenitori, e più in generale l'interesse della società e dei media; tranne che, aggiungo io, in occasione di eventi particolarmente importanti, per la presenza di interpreti famosi, oppure perchè organizzati da festival o istituzioni il cui prestigio o la cui grande risonanza mediatica fanno premio sull'evento in sè.

Le analisi di tale situazione hanno sfumature diverse nei vari commentatori, ma sono omogenee in almeno alcuni punti, che mi sforzerò qui di riassumere, chiedendo  loro scusa se non sono sempre in grado di attribuire  in dettaglio a ciascuno la sua citazione (dovendo "cucirle" con parti di testo scritte da altri, o da me).

I. Il messaggio "forte"
Fabio Selvafiorita, con molti altri, sintetizza bene l'essenza dell' avanguardia, con queste parole: la dignità e il prestigio di una espressione artistica sono la conseguenza, a posteriori, di un messaggio estetico "forte", che però è tale quando riesce a mettere in moto nella società un sistema di condivisione di valori e di linguaggi.
Il valore  sociale e artistico di una musica si realizza pienamente quando non riguarda soltanto me, ma anche te, noi, in un contatto che può essere di piacere, di provocazione, di contestazione, di rabbia, di affermazione. L'avanguardia, di cui oggi molti hanno giustamente nostalgia, ha incarnato questi valori: non cercava un rapporto privilegiato con il pubblico, o di piacere superficialmente: aspirava, più semplicemente,a proporre al pubblico un modo diverso, più attento e più aperto, di considerare il fatto musicale come un nucleo di energia, una metafora estetica del mondo reale e delle sue forze vitali  in azione.

Luciano Berio
Io vorrei fare un esempio concreto, per chiarire il  senso di quanto ho detto: se dovessi citare una composizione che ritengo la più altamente paradigmatica di ciò che è stata e dovrebbe continuare ad essere la migliore Mus.Cont., citerei  senza alcuna esitazione Sinfonia, di Luciano Berio.  
Questa composizione nasceva, nel 1968, in contesto sociale turbolento, nel pieno di forti lacerazioni sociopolitiche: la guerra del Vietnam, il Maggio francese, le lotte operaie.. insomma, come direbbero  i  marxisti,  in una fase di dura ristrutturazione del sistema capitalista, con molteplici tensioni interne e internazionali. 
In tale contesto, Sinfonia appare oggi come il condensato, e forse anche la  sintesi dei complessi fermenti sociali e culturali del suo tempo, mirabilmente calati nel linguaggio instrinseco della musica. In Sinfonia, Berio ha utilizzato in maniera rigorosa, ma estremamente creativa, tutte le tecniche compositive di cui aveva bisogno: dalla serialità della Neue Musik, liberamente interpretata, al Patchwork, al diatonismo, alla tonalità.. In un certo senso, Sinfonia è la summa  delle risorse tecniche dell'epoca, in costante, profondo rapporto con la Storia. Già il titolo, in un epoca di duro sperimentalismo, suona come un omaggio alla tradizione: sinfonia! Se ci pensiamo oggi, ci voleva un bel coraggio... Ma poi apriamo la partitura, e cosa vediamo? Testi di Lévi-Strauss e di Beckett, riferimenti a De Martino, a Martin Luther King: antropologia, strutturalismo, filosofia dell'esistenza e culture "altre", come si diceva allora. 
E poi, nel terzo movimento, l'apoteosi della musica eterna, il "tout se tient", passato e presente insieme: prendendo come mezzo di navigazione, si potrebbe dire, lo scherzo  della II sinfonia di Gustav Mahler, eccoci  imbarcati  in un fantastico viaggio a Citera in compagnia di Bach, Berlioz, Bruckner, Ravel, Stravinskij, Debussy, Hindemith, Stockhausen, Boulez, Berio stesso autocitandosi.. il tutto integrato e interconnesso con suprema craftmanship
Quale migliore viatico, per noi viaggiatori del XXI secolo?
Sinfonia è veramente una delle punte più alte della musica "contemporanea", in un periodo ben specifico della storia recente. 
Chi volesse approfondire questa fondamentale composizione del XX secolo può leggere l'esauriente analisi che ne ha fatto David Osmond-Smith nel suo bel libro Suonare le parole - guida all'ascolto di Sinfonia (Torino 1994)  

II. Cosa è  successo  dopo?
Come hanno sottolineato molti lettori, alla metà circa degli anni ’70, la Mus.Cont. è entrata in una fase ‘manierista’ e non ha più avuto quei sussulti, quelle spinte propulsive, quelle scoperte potenti e originali che aveva in precedenza. Una miriade di compositori è venuta alla ribalta negli anni '80, senza però che siano emersi nuovi nomi-guida indiscussi.
Dagli anni '80 e fino a oggi, insomma, emerge come una stanchezza, un esaurimento della carica innovativa: mancano le idee forti, nella musica come nelle varie forme d'arte, e anche nelle discipline scientifiche: manca una visione d'insieme, e collettiva,  del progetto cui si intende lavorare: insomma,  manca una visione del futuro.  
Non è un caso che proprio attorno a quegli anni sia apparso sulla scena filosofica italiana il cosidetto Pensiero debole (per inciso, è curiosamente degno di nota che il principale esponente italiano del Pensiero debole sia quello stesso Gianni Vattimo, oggi parlamentare europeo della sinistra radicale, di cui sentiamo le appassionate, infuocate filippiche di ispirazione marxista: che appaiono tutto il contrario della debolezza di pensiero....)
La Mus.Cont. si è insomma "istituzionalizzata" tradendo lo spirito d'avanguardia originario, subordinando le esigenze della sperimentazione continua alla conservazione di uno status estetico-politico-sociale dei suoi protagonisti, e del suo sistema distributivo: e talvolta, se non spesso, in questa autoconservazione assumendo caratteri oggettivamente "reazionari"
.


"Tutto è Pop? "
III. E intanto.....
Parallelamente a questo processo di involuzione si verifica l’esplosione del fenomeno Pop: un linguaggio che, ad onta della sua vocazione commerciale, si è rapidamente differenziato in una miriade di correnti che vanno dalle più commerciali della musica leggera alle più sperimentali. 
Una parte maggioritaria del pubblico giovanile è andata lì a cercare la sua musica.
Il compositore e musicologo Marco Lenzi avanza, a questo proposito, una tesi vagamente "apocalittica" a mio giudizio:
Pop è l'intero spazio entro il quale vive tutta la musica oggi. Pop non è soltanto un modo di fare musica, ma anche un modo di ascoltarlaSiamo nel 'pop' come i longobardi erano nel medioevo e gli enciclopedisti nell'illuminismo.
Il Pop è insomma l' ecoambiente, l'environment nel quale siamo  costretti a vivere e al quale non ci possiamo sottrarre, come l'aria che respiriamo.  
l'Autore, l'Opera, il pubblico in religioso ascolto nella sala da concerto: è tutto finito, perchè oggi è tutto POP, anche la Mus. Cont. 
E il mercato Pop è ormai lo stesso per i musicisti di ogni diverso linguaggio: classica, pop, jazz, avanguardia, World music, computer music...i canali di distribuzione sono lì, a disposizione di tutti: myspace, facebook, i-tunes, i-pod e tutto il resto. 
Un qualsiasi compositore oggi 'rilevante' nella musica contemporanea non è "più bravo", più raffinato, più "artisticamente valido" di Bjork, di Aphex Twin o di TrickyLo scettro "creativo" della stagione della Neue Musik è stato raccolto oggi dalla scena sperimentale, e permette anche ad un numero non trascurabile di persone di poter "vivere di musica". (Sound Art, Sound Design, Ambient-Glitch, Musique Concrète, Impro-Noise etc, che abbiamo cercato di documentare nel post Una panoramica sulla musica contemporanea non accademica)
E l'attuale pubblico, che popola e utilizza in massa i vari media, nella sua parte più raffinata non è per niente omologato, contrariamente a quanto si pensi, ma opera con competenza le proprie scelte, attingendo dai banchi di un gigantesco "supermercato" musicale, quali mai prima si era visto nella storia della musica.

Mentre il musicologo Franco Fabbri mi segnala la recente istituzione, ad opera del Festival Angelica di Bologna, del nuovo Centro Italiano di ricerca musicale, dal canto suo Francesco Giomi, direttore del centro di ricerca Tempo reale di Firenze , fondato proprio da Luciano Berio, in un recente intervento scrive a proposito della ricerca e della sperimantazione:
"Una musica sostenibile è capace di ripensare il proprio modo di essere e di proporsi, connessa a quei processi di trasformazione positiva della società che stanno condizionando il nostro tempo storico. In tutto questo la ricerca gioca un ruolo centrale, culmine di un pensiero creativo, innovativo e consapevole che non vuole negare la tradizione ma che, appoggiandovisi, cerca di costruire il futuro suono del mondo. Per questo percorso i poli di sperimentazione (sostenuti pubblicamente) sono fondamentali per l’evoluzione di un linguaggio, attraverso la circolazione delle idee, le proposte innovative, il coraggio di tentare strade inesplorate e la disponibilità ad attivare nuove relazioni."    
  
Desidero inserire qui una mia nota a margine: ritorna prepotentemente in campo tutto il dibattito degli anni '50 e '60 sul rapporto tra cultura "alta" e cultura "bassa". Personalmente, temo che di quella generosa volontà di avvicinare la Cultura alla cultura ne abbiamo fatto eccessivamente un feticcio, e abbiamo finito col livellare il terreno, mettendo sullo stesso piano cose troppo diverse, sia come natura funzionale che come qualità, col risultato che adesso non si capisce più cosa vale e cosa no. 
Io mi sentirei di dissentire decisamente dalla posizione di  Lenzi: NON E' tutto uguale, Sting non "vale" quanto Schoenberg, o Berio. Sono livelli qualitativi ben differenti. 
Dal canto suo, il pianista e compositore Daniele Lombardi ha una posizione molto netta in proposito: a suo parere "dagli anni '80 in poi tutte le epressioni musicali, dalle più criptiche e misteriche alle più banali e mercificate, si sono fuse in una marmellata che impasta tutto nel segno di un plaisir de l’écoute, e d'altro  canto a chi si dedica a ricerca e innovazione è consentito perdere la memoria, non sapere, inventare anche l’acqua calda, purché si canalizzi subito in processi facilmente comunicativi."
La modernità ha velocizzato la concezione del tempo: non abbiamo più tempo per ascoltare con attenzione. Siamo schiavi dello zapping percettivo, della nostra memoria corta e del bassissimo livello di concentrazione nell'ascolto, che è ritornato a essere prevalentemente emotivo. 
Tutto ciò avviene anche come risultato di un preciso, consapevole progetto politico messo in atto dal Potere: lo sfruttamento della "cultura", omologata a tutti i livelli a fini immediatamente commerciali, e di controllo politico delle menti. Dove la gente smette di pensare, è più facile instaurare la dittatura a vantaggio di pochi.  



IV. Cosa bisognerebbe fare, a questo punto ?
Se per qualcuno il problema principale è "la separazione tra sperimentazione e ricerca, che paiono scollate....io sarei per una "musica reservartissima", ars nova perennis et universalis, per onorare la tradizione dell'ars musica occidentale"... e ci domanda provocatoriamente "Quanto siete disposti a morire? Perchè il cambiamento che chiedete a gran voce non è percorribile, men che meno quello di Tutino", per altri serve sopratutto un forte rilancio dell' educazione musicale. 
"L’unica speranza è lavorare su una fascia di età che non supera i primi dieci anni, sulla formazione per orecchi piccoli e delicati, con la coscienza della necessità di costruire una vera par condicio tra i generi musicali: ma distinguendo le categorie."
Poichè, però,questo ambizioso rinnovamento dell'educazione musicale fin dall'infanzia è un Vaste Programme, un investimento di lungo periodo, nel frattempo urgono misure più immediate: e a questo riguardo praticamente tutti auspicano maggiori aperture, da parte delle istituzioni musicali e dei festival, a quanto accade nel complesso mondo della "sperimentazione", di tutte le tendenze.
E naturalmente, è comune a tutti il desiderio che la TV, pubblica o privata, trasmetta più concerti di ogni tipo, e fornisca strumenti informativi adatti al pubblico televisivo, come aveva meritoriamente fatto Luciano Berio con le sue bellissime trasmissioni RAI dal titolo C'è musica e musica. 
E Daniele Lombardi aggiunge: oggi, in questa cultura generalista di massa, è fondamentale ridiscutere la funzione della musica, separare i campi senza più confusione tra intrattenimento ed impegno, tra passatempo e arte. L’arte può essere uno dei migliori passatempi, ma il passatempo, nato come tale nei suoi confini e le sue leggi formali, molto difficilmente può essere arte, e questa distinzione è culturalmente necessaria, si direbbe indispensabile: una forma di antifascismo, una vera politica culturale impegnata.

V. a mo' di  conclusione (molto) provvisoria..
Concordo  con  Lombardi: innanzitutto, non si può fare di tutte le erbe un fascio. Occorre distinguere la ricerca dal passatempo commerciale, che spesso  si traveste da "avanguardia". 
Ma nell'ambito della musica "di ricerca" abbiamo visto che coesistono molteplici  stili e linguaggi. Il particolare genere chiamato convenzionalmente Musica Contemporanea nasce nelle"accademie", nei conservatori, nelle "istituzioni", e presuppone - salvo rari casi storicamente molto limitati - l'utilizzo esclusivo della notazione quale mezzo per la codifica, trasmissione, insegnamento, esecuzione.
Accanto a questa musica esistono altri linguaggi "di ricerca" altrettanto degni di attenzione: magari i loro strumenti non sono più quelli tradizionali, ma sono invece i computers. Le loro opere corrono principalmente sul web, e hanno  canali propri di distribuzione,  al di  fuori  del mondo musicale istituzionale.
Bene, prendiamo atto finalmente che questi linguaggi hanno pari dignità  artistica, e che possono in egual misura comprendere dei capolavori che parlino al cuore degli  uomini.


Quindi: non è "tutto finito". Ma NON è "tutto uguale". 
E' indispensabile ritornare a distinguere la qualità, caso per caso: senza occhiali ideologici, senza pregiudizi estetici.
E vorrei  aggiungere: è indispensabile ricostruire la dignità culturale e sociale dei musicisti che non intendano essere direttamente, univocamente legati alla catena del profitto. Che cercano di sfuggire all' alternativa oggi apparentemente inevitabile: mercificazione (reificazione, per dirla con Adorno) della loro opera (magari sotto l'ambigua etichetta di Musica Contemporanea Popolare?!?), oppure neo-manierismo "contemporaneo" conservatore, oppure ancora sdegnata emarginazione dalla scena culturale.  
Forse i direttori artistici "illuminati", coraggiosi (e ce ne sono!) sono importanti, ma non sufficienti.
E' probabile che ciò che ci attende, qui nella parte debole dell'Europa, sia una progressiva uscita dello Stato dalle imprese culturali, sul modello americano. Andiamo incontro ad una diminuzione radicale dei finanziamenti disponibili per la cultura e per la musica, e ad una trasformazione conseguente di tutto il panorama istituzionale.
Ma ritirarsi in una specie di "Aventino" musicale, dichiarare persa la partita e abbandonare il campo delle istituzioni musicali "tradizionali" (teatri d'opera, sale da concerto, società filarmoniche etc) per rifugiarsi nelle cantine come novelli carbonari del XXI secolo, o esclusivamente sul web sarebbe un grave errore.
Anche perchè la musica da sempre ha la sua dimensione più giusta nella performance dal vivo, con musicisti presenti fisicamente, davanti  a un pubblico  cui  trasmettere le emozioni, con il quale comunicare senza intermediazioni.    Una politica culturale e musicale seria deve ritrovare un rapporto autentico, vivo con i fruitori della musica, confrontandosi con le mutate condizioni del circuito istituzionale, cercando di parlare al pubblico, a tutto il pubblico, con opere realmente moderne, che tocchino i temi della vita, della società ... un po' come fa il migliore cinema contemporaneo.
Con questa speranza nel cuore potremmo allora dire che la musica contemporanea non è morta. 


13 commenti:

  1. renato,
    mi sono sicuramente espresso male. non mi sento apocalittico, né penso che schoenberg e sting siano 'uguali', nel senso che abbiano lo stesso 'valore'. penso piuttosto che sia sbagliato paragonarli rispetto a un parametro di valore musicale che li contenga entrambi. l'equivoco dev'essere nato dal fatto che io stesso ho paragonato alcuni compositori contemporanei con dei musicisti pop, dichiarando le opere dei primi non 'più valide' di quelle dei secondi. ebbene, con ciò intendevo proprio dire che NON HA SENSO PARAGONARLI, che la bontà delle opere dei primi è di tipo diverso dalla bontà delle opere dei secondi (i parametri di giudizio per giudicarle sono diversi), ragion per cui essi (i due tipi) possono tranquillamente coesistere. questo volevo dire. quanto alla mia presunta 'apocalitticità', mi sento in dovere di precisare:non cerdo di essere così pessimista e caustico. quando ho scritto "è tutto finito" non intendevo dire che è finita la musica 'di qualità', ma semplicement che sono saltati certi clichés, certi rituali, certe categorie ereditate dalla tradizione colta (appunto l'autore e l'opera con la lettera maiuscola, il pubblico trascinato dal capolavoro immortale etc. etc.). insomma, non è che berio e sting siano 'uguali', è che sono saltate le gerarchie, prima fra tutte quella che regolava i rapporti tra arte 'alta' e arte 'bassa'.

    PS ma devo (e voglio, s'intende) ancora risponderti sul post originale. mannaggia, questo tempo tiranno... un caro saluto.

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  2. PS2 condivido peraltro in massima parte le tue conclusioni. bel post. ne riparleremo.

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  3. Ogni volta che un'artista denigra l'arte altrui,quest'ultima diventa sempre più forte, preziosa e immortale. La prima invece sempre più piccola e tende sempre al suicidio.Stefano Ottomano

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  4. ah, dimenticavo: quanto al 'tutto è pop', anche lì, non intendevo dire che - che ne so - il secondo quartetto di feldman è musica pop, cioè appartiene al GENERE pop, ma che 'pop' è diventato il modo in cui si ascolta la musica (TUTTA la musica) oggi. non c'è più, o c'è sempre più raramente, un ascolto di tipo analitico, attento, concentrato, finalizzato a cogliere i dettagli e le sfumature; è sempre più diffuso (anche presso i cosiddetti 'intenditori') un ascolto più superficiale, distratto, dovuto sia allo sviluppo tecnologico dei mezzi di riproduzione sonora che alla vertiginosa accelerazione dei ritmi di vita. ancora al tempo del 'piatto' e dell'impianto stereofonico ascoltare musica era una sorta di rito: occorreva prendere l'LP, sfilarlo dalla copertina esterna e dalla busta interna, metterlo sul piatto, pulirlo, fare attenzione a posizionare bene il braccio, etc etc. non si poteva ascoltare musica OVUNQUE, come oggi, né avere a disposizione in dieci centimetri quadrati quindicimila pezzi o canzoni. insomma, chopin è certo musica 'classica' ancora oggi, ma ascoltarlo in macchina tra un pezzo dei rage against the machine e una canzone di paolo conte significa conferirgli un tratto inequivocabilmente 'pop'. ascoltare chopin negli anni trenta dell'ottocento mente suona lui stesso le sue composizioni in un salotto parigino, ascoltarlo cent'anni dopo in religioso silenzio in una sala da concerto, trasfigurato nel mito e interpretato da un grandissimo interprete, o ancora duecento anni dopo su un i-pod in metropolitana - non è la stessa cosa. sono tre chopin molto diversi. è cambiata insomma la percezione del fatto musicale: la chiamo 'pop' perché penso sia in buona parte il prodotto di una CULTURA pop (quella in cui, volenti o nolenti, viviamo da sessant'anni).

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    1. Caro Marco,
      grazie delle tue precisazioni , che condivido. Ho riletto il mio testo nella parte che ti riguarda , e tutto sommato credo che fosse chiaro il tuo pensiero, come da te ulteriormente dettagliato qui nel commento.
      Nel catalogarti - scherzosamente - come "apocalittico" , mi riferivo al libro di Eco nel quale mette in contrapposizione gli Apocalittici con gli "Integrati" , e mi pare che possa ancora valere oggi questa dicotomizzazione, intendendo con i primi gli "outsiders", gli extra-istituzionali cui tu ti sei riferito, e con gli Integrati gli "insiders" , insomma l'avanguardia accademica.
      Come certo hai capito, non era mia intenzione polemizzare con te , al contrario mi trovo d'accordo nel mettere l'accento sull'importanza delle espressioni musicali extra-accademiche. Quindi se tu sei d'accordo , penso che il mio testo in fondo non abbia bisogno di pedanti revisioni sull'argomento, e lo lascerei così com'è.

      Quanto all'osservazione che fai nel commento , sulla differenza che fa ascoltare Chopin sull' Ipod shuffle in mezzo ad altre musiche , oppure in una sala da concerto eseguito da Pollini, oppure ancora di persona in un salotto privato: è un argomento estremamente stimolante e importante , che riguarda le modalità di fruizione della musica e la loro influenza sulla qualità stessa percepita dell'opera ascoltata, in un certo senso .
      Su questo tema mi pare che le arti visive siano più avanti di noi e gli artisti abbiano esplorato più coraggiosamente il campo. mi piacerebbe rifletterci e riparlarne una prossima volta .

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  5. E' un po' antipatico che la discussione si sia divisa tra un pubblico e un privato.
    Questione di semplice netiquette.
    http://en.wikipedia.org/wiki/Lurker

    ciao
    Fabio S.

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  6. sono d'accordo con fabio. chi legge ed è interessato all'argomento dica la sua qui. sempre positivo il confronto, anche polemico.

    @ renato tutto ok. :-)

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  7. Cari Fabio e Marco,
    capisco la vostra obiezione, e concordo che sarebbe più utile se i commenti confluissero tutti qui pubblicamente, in modo da arricchire la discussione a vantaggio di tutti.
    Ma d'altra parte io non posso ( e nemmeno voglio) costringere chi non desidera firmarsi o apparire pubblicamente a farlo.
    E non posso nemmeno stabilire la regola che i commenti che mi pervengono in forma privata ( ad esempio , anche al telefono, o di persona) non saranno tenuti in debito conto.
    Questo blog è un luogo aperto a tutti e ciascuno è libero di dire ciò che pensa , se con rispetto e in forma intelleggibile.
    Ma chi non vuole utilizzare questo canale non troverà le porte chiuse .
    Io mi impegno poi a trasmettere ai lettori gli stimoli o gli argomenti che ricevo fuori dal blog , se li ritengo interessanti.
    Ciao e grazie comunque per la vostra sorveglianza !

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  8. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  9. ciao Renato, ti ricordi del tuo ex ex allievo clarinettista della civica?

    Che bello il blog, l'ho scoperto oggi e ho leggiucchiato un po' in giro.
    Volevo dirti i miei pensieri sul tema della Mus. Con. in relazione alla musica Pop ecc.:

    - Bach era abbastanza di moda nella sua Germania per un certo periodo, ha scritto per decenni della musica sacra pagato ogni settimana, nel tempo libero ha scritto delle cose strumentali laiche meravigliose poi dimenticate, poi riscoperte, poi ridimenticate, poi divinizzate, poi obbligatorie nei conservatori, poi è diventato una suoneria del Nokia, tutto questo solo perché i tedeschi nel '700 erano molto religiosi e c'erano soldi per la musica sacra (per la musica laica strumentale poco o nulla)

    - Rossini (a parte qualche composizione minore da camera) ha scritto solo musica che per quei tempi definiremmo Pop. Credo sia uno dei più grandi orchestratori di sempre, eppure non ha mai cercato di fare qualcosa di colto, alto, ma semplicemente di portare a casa la pagnotta

    - Morricone credo sia un mediocre compositore colto (magari mi sbaglio), ma è uno che nell'ambito tonale (trito e ritrito) ha detto qualcosa di nuovo anche perchè è salito sulla barca delle colonne sonore che ti davano tanti soldi ai tempi, quando di film ne facevi 30 all'anno

    Porto questi esempi per dire che francamente mi sembra che quel che un compositore colto oggi dovrebbe fare e sapere fare é: comporre di tutto, senza essere mantenuto dallo stato, portare a casa la pagnotta coi jingle degli spot, e la sera scrivere musica per asteroidi. Credo sia sterile discutere su come divulgare la musica per asteroidi. Bisogna solo che chi la scrive abbia di che mangiare. Poi tra cent'anni arriverà il Mendelssohn di turno che la rivaluterà e tutti la ascolteranno nei loro lettori mp3 tatuati sotto pelle. Mi sembra pretenzioso pensare che la ricerca e la sperimentazione portino mercato e soldi "in vita", necessariamente. Come se un ricercatore di fisica si lamentasse perché non vedrà il compimento del suo progetto di ricerca.
    Insomma, se vuoi un consiglio da dare ai giovani compositori che frequenti tutti i giorni, c'è solo una parola: videogiochi. I videogiochi sono l'Opera del nuovo secolo. Un modo Pop di far ascoltare ai giovani della buona musica aleatoria controllata da parametro…

    Saluti

    Jacopo Tarantino

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  10. Educazione musicale "di base" che però nessuno vuol fare, lavoro sporco ma necessario da lasciare ad altri.
    che tristezza

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