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giovedì 17 maggio 2012

MACAO - Milano: vero laboratorio creativo, o effimera utopia spontaneista?

Oggi sono andato nuovamente a visitare Macao. Sono giornate dense, piene di colpi di scena, ed è  difficile tener dietro  all'evolversi della situazione, che riserva continue sorprese. Ma andiamo  con  ordine. Il 5 maggio 2012, un gruppetto di giovani "lavoratori delle arti" ha occupato - forse a seguito di un progetto lungamente meditato e preparato, forse sospinti  da uno scoppio di  spontaneismo ribellista - nientemeno che un maestoso grattacielo di 30 piani, vicino alla Stazione Centrale di Milano, abbandonato da 15 anni e attualmente di proprietà di una delle società finanziarie/assicurative di Salvatore Ligresti, il noto costruttore titolare negli anni di una infinità di iniziative immobiliari cittadine, e attualmente coinvolto in una procedura fallimentare chiesta dalla Procura milanese, oltre che in indagini giudiziarie legate alle sue attività, diciamo così, con un prudente eufemismo, affaristiche. 

 Orbene: questi giovani "lavoratori delle arti", una volta preso possesso dello splendido edificio (30 piani in vetro e cemento! Quale altro "centro sociale" o "collettivo di base" potrebbe mostrare con orgoglio altrettanta prestigiosa location?) proclamano subito di volerne fare un centro di elaborazione, sperimentazione, creazione di arte e cultura. In pochi giorni, se non ore,  attorno a Macao si accende l'attenzione crescente dei media e di molti intellettuali. Se ne parla sui giornali, la rete è piena di lanci, foto, video, commenti. 
Arrivano le radio, la televisione. E insieme, ovvio, arrivano divi e divetti: l'immancabile Dario Fo, la Bignardi con Fabio Volo, Afterhours, Finardi, per citarne solo  alcuni. Insomma, pare proprio che a Milano qualcosa di  grosso bolla in pentola. Io sono abbastanza attento a questo genere di  fenomeni sociali che nascono dal basso, come i funghi, senza avvisaglie visibili, perciò ci vado. In città si discute da tempo immemorabile dell'esigenza di creare nuovi luoghi e opportunità per la cultura, per l' arte. Fin dalla vincente campagna elettorale dell'anno scorso il nuovo Sindaco ha promesso  di prendere in mano la faccenda, di portare in primo piano nel dibattito cittadino questi temi. La gente ormai si aspetta cose concrete, vuole vedere iniziative e risultati, ma la giunta arancione tituba, tentenna, si perde in scaramucce tra il sindaco e il suo assessore di  riferimento circa le competenze. Uscito, poche settimane dopo l'insediamento, dal comitato di gestione di Expo, quest'ultimo si getta a capofitto in un fuoco pirotecnico di iniziative "creative": alcune riuscite, altre discutibili. Ma con un dato comune: non ci  sono i soldi. E senza i soldi hai voglia a fare lo splendido, prima o poi ti sgamano, o ti danno del baüscia.
Alla fine, insomma, 'sti ragazzi, stufi di aspettare l'assessore e il sindaco, prendono su e cosa ti combinano? Per creare uno scandalo internazionale ti sfondano le porte dello stabile abbandonato più figo della città,  e ci si piazzano. Anche se pare che ci sia ancora dell'amianto non smaltito, dentro è  tutto vuoto, servono ingenti lavori di ristrutturazione, e gli ultimi piani non sono agibili per motivi di stabilità. Che importa? Alla bell'e meglio, per più di una settimana buona si rimboccano le maniche e iniziano a portare su tavoli e sedie, a rassettare, ripulire, montare lampadine, e avviano tavoli su architettura, design, fotografia, filosofia(!!), coinvolgono docenti universitari, avvocati, architetti, artisti che inventano improbabili performances, di cui qui nella foto vedete una testimonianza eloquente.
Insomma, la situazione è fluida, caotica, precaria, sgangherata. Cercano di organizzarsi, senza mezzi e senza soldi. Di "laboratori creativi" veri, poco o nulla per ora, va detto. Ma in compenso c'è molto volontarismo, energia ed entusiasmo, molto interesse. La città se ne accorge, corre il passaparola,  molta gente curiosa arriva in pellegrinaggio, cerca di capire. Qualcuno pensa (e dice): si tratta di un effimero germoglio primaverile, l'estate e le vacanze sono vicine. Saranno disposti, oltre ai duri e puri, anche i signorini e le signorinette di buona famiglia, a tener duro anche a ferragosto, soli e a rischio sgombero, nel caldo e senz'acqua corrente?
Già: il fantasma dello sgombero aleggia. Perchè il grattacielo - particolare non trascurabile, come già detto - è proprietà privata: e il presidente della società proprietaria dello stabile pare che sia nientemeno che il figlio del Ministro dell' Interno del Governo Monti...ed ecco quindi che la politica inevitabilmente irrompe sulla scena, e iniziano a bollire polemiche che mettono in difficoltà Pisapia e la sua giunta, messo alla graticola dall'opposizione e anche - scandalosamente- da parte della sua maggioranza. Sgomberare o non sgomberare?
La patata-Ligresti è di fatto troppo grossa per passare inosservata. Il Sindaco lancia un messaggio criptato ai naviganti: attenzione, la tutela della proprietà privata supera le mie competenze...ma quelli fanno finta di non capire. 
Ed ecco che il Prefetto prende in contriopiede tutti e, approfittando dell' incertezza e divisione della giunta arancione, un bel mattino alle 6,30 manda la polizia a sgomberare il grattacielo.
Tutti a casa dunque? Finisce miseramente, in pochi  giorni, l'assalto al cielo dei giovani visionari? Nemmeno per sogno. Buttati fuori (senza violenza, per fortuna) dalla torre, si piazzano nella strada antistante, montano lì i tavoli  e proclamano  l'assemblea permanente. La polizia chiude la via al traffico, isola la zona, ma non interviene. Sono lì da due giorni adesso, dormono per strada, con tende e sacchi a pelo improvvisati, senza servizi, senza niente. Non se ne vanno, non vogliono rinunciare alla loro utopia. 
Ma certo di laboratori creativi, in mezzo  a una via del centro cittadino, senza  strumenti nè attrezzature anche minime, col vento che tira, al freddo, non se ne può certo parlare. Se ne rendono conto, anche se molti fanno finta di poter gettare il  cuore oltre l'ostacolo e inventarsi un presidio permanente con street art improvvisata. Trascinata dagli eventi e dalla situazione sempre più di  emergenza, con la pressione dei media, la faccenda prende inevitabilmente una piega tutta politica, e la domanda ora è: fino a quando rimanere in mezzo alla strada? Aspettare come dei martiri predestinati il secondo immancabile sgombero (la via è un'arteria a grande scorrimento, essenziale per la viabilità in zona stazione centrale), oppure spostarsi altrove, occupare un altro stabile, magari questa volta di proprietà del Comune, così il Sindaco "buono" non manderà la polizia a buttarci fuori? L'assemblea permanente, in strada, al vento, si divide. C'è chi non vuole mollare la torre-simbolo che ha dato a Macao rinomanza internazionale e propone addirittura di rioccuparla, c'è chi propone assemblee-flash mob in diverse location della città.. 
Il Sindaco e l'Assessore tornano sul posto. Anche per loro ormai la faccenda scotta, è un banco di prova per la maggioranza di sinistra. Devono in qualche modo rispondere a questi giovani, che sono stati la base della loro vittoria elettorale. Annunciano di aver deciso, in una lunga riunione di giunta, che verrà presto lanciato un bando pubblico per l'assegnazione di spazi presso un ex complesso industriale (l'ex-Ansaldo, dove già sono i laboratori di scenografia della Scala) e invitano Macao a partecipare al bando, per il quale però serve la costituzione giuridica in associazione.
Nel momento in cui scrivo queste righe, non si conosce la risposta dell' assemblea permanente a questa proposta. Ho partecipato a buona parte della discussione e mi pare che molti non ne vogliano sapere di  costituirsi in associazione. Non vogliono diventare una entità burocratica simile alle mille altre associazioni artistiche presenti in città, e non vogliono entrare in concorrenza con loro. Addirittura dichiarano di rappresentarle già tutte, in quanto dentro Macao ci sono già operatori di tutte le discipline artistiche!
Pretendono una corsia preferenziale, e chiedono al Sindaco di riconoscere la loro specificità, concedendo uno spazio senza alcuna partecipazione a bando di concorso. Il che, al sottoscritto appare francamente improbabile, se non impossibile: e se  alla fine andasse così, personalmente lo riterrei un errore. Oggi l'Assessore ha lanciato  in rete l'invito  a una riunione pubblica (venerdi 18 maggio alle 19.00) per discutere le modalità di  assegnazione di spazi presso l'ansaldo. L'assemblea di Macao è divisa: qualcuno (forse la maggioranza) vuole partecipare alla riunione, andare a vedere quale è la proposta dell'Assessore, altri sostengono che Macao è una cosa diversa, che la proposta dell'assessore è una trappola per "normalizzare" il fenomeno, mettergli  la sordina. Stasera noi andiamo  a vedere, poi  vi diremo.
Fin qui, la cronaca degli  avvenimenti aggiornata al 18 Maggio.
Di fronte a questo sussulto di ribellione uno potrebbe pensare: strano, mentre le borse crollano e nuvole nere si addensano sul futuro dell'Europa, la Grecia va alle elezioni in un clima di incertezza totale, che rende molto probabile l'uscita dalla moneta unica: mentre in Spagna i giovani indignados di Puerta del sol scendono in piazza con la gente e i lavoratori, per lottare contro il dominio della finanza e la spoliazione dei popoli...., qui da noi si fa un ben meno virulento "Occupy Macao" per rivendicare lo spazio creativo e la libertà delle arti. La cosa fa una certa impressione, e non si sa come interpretarla. 
Il pane e le rose, qualcuno si è chiesto, oppure l' effimero trastullo di una generazione di  garantiti da papà e mamma benestanti ?
Ma bisogna grattare sotto la superficie dello spontaneismo, e cercando  si trova che la questione posta da quelli di Macao è molto seria, profondamente ed eminentemente politica. 
Ho trovato, sul blog di uno che sembra essere tra gli animatori del movimento, Roberto Ciccarelli, questo  scritto che mi pare essere la più lucida e concreta esposizione politica che io sia riuscito a leggere finora. Speriamo che sia condivisa e attuata. Macao: l'utopia concreta del lavoro  indipendente. Ne riporto alcune frasi:

"Nel concetto di Macao non emerge solo l'esigenza di elaborare una professionalità fuori da un mercato che la esclude, oppure la sfrutta ricorrendo alle regole ferree della committenza al ribasso, pagata un tozzo di pane in cambio dell'anima. C'è anche l'idea di una nuova socializzazione delle arti e delle professioni a partire da una condizione comune: quella del nomade urbano, del precario metropolitano, dell'apolide in patria che non ha diritti e quando lavora non trova alcuna sponda in una società nemica, né riconoscimento giuridico nell'edificio delle tutele e delle garanzie lavorative." ....."Macao nasce invece dall'esigenza di non cedere al mercato il prezzo della propria solitudine, bensì di condividere in una comunità aperta il progetto di reinventare e proteggere un lavoro che il mercato svalorizza, frammenta in mille mansioni irriconoscibili, basandosi sulla divisione tra i saperi (manuali e intellettuali, artistici e pratici, esecutivi e astratti) e sul privilegio del merito e del talento rispetto alla diffusione orizzontale dei saperi tra gli esperti e i non addetti, tra gli studenti e i docenti, tra i professionisti e i clienti, tra la domanda e l'offerta."  

E poi c'è il blog di un'altra giovane occupante, Virginia, che critica la mancanza di  elaborazione politica del movimento Macao, e giudica un errore l'occupazione del grattacielo di Ligresti. Sono parole ragionevoli, sensate. 

Quello che ho percepito tutti questi giorni è una totale assenza di linea politica. Ovvero: mi sembra assurdo che dei "lavoratori dell'arte" non si battano per lo status sociale e soprattutto politico dell'artista, che in Italia non viene tutelato, anzi viene sommerso di merda tipo SIAE, tolti i sussidi di disoccupazione, tagliati fondi per la cultura. 
Non si tratta di trovare un luogo fisico dove recitare o disegnare, si tratta di supportare con un messaggio, con un'idea politica precisa, con un piano, il mondo della cultura che sta cadendo in fondo alle priorità politiche, mentre dovrebbe avere sovvenzioni, dovrebbe avere il suo ruolo nell'economia, nella società.
Le mie perplessità sono nate nel momento in cui un movimento di “lavoratori dell’arte” ha occupato non già un teatro come è successo a Roma, non un monumento della cultura che si ritiene intoccabile, ma un grattacielo....... 
Se siamo lavoratori dell’arte che vogliono invece rivendicare i propri diritti, occupiamo un posto che sia simbolo dell’arte, comunichiamo precisamente qual è il nostro fine, diamo un messaggio chiaro, un messaggio sensato, non: “si potrebbe anche pensare di volare”, che cazzo di messaggio è?
Cosa vuol dire? Niente. Tutto e niente. 
Appunto, come un’azione del genere che rischia di essere un inutile dispendio di forze e non insegnare niente alla grande quantità di persone che ha messo le proprie energie e il proprio entusiasmo al servizio di qualcosa che non aveva né capo né coda.
Per questo sono contenta di questo sgombero. Questo è il momento in cui si vede realmente su quali presupposti si stava alzando il fermento dei dieci giorni passati.
Quello che è necessario fare, ora, è dare una direzione POLITICA ad un gesto che sappiamo avere una visibilità ed una partecipazione mai vista prima a Milano, lo dobbiamo a noi stessi, è la ricompensa ed il fine a cui i nostri sforzi devono puntare. E non si tratta di libertà. Quando vedo scrivere “ci tolgono la libertà” mi chiedo di che libertà si stia parlando, la libertà di mettersi nudi in strada? La libertà di azione? La libertà di voto? Quale libertà? 
Mi sono rotta i coglioni di sentire pronunciare parole più grandi di noi svuotandole di un vero significato, mi sono rotta i coglioni della propaganda e della retorica, voglio vedere che questa retorica e questa risonanza mediatica sono a servizio di un’idea, non il contrario, altrimenti si rischia davvero di essere saliti su una torre altissima solo per buttarsi giù di testa, tanto valeva un suicidio di massa davanti a Palazzo Marino. 
Questa esperienza, questo sgombero, questa consapevolezza, deve servire per farci credere che possiamo agire insieme non per creare un divertente flash mob o un concerto gratis delle Vibrazioni, ma per costruire una voce intellettuale, culturale, alla desolazione politica della nostra generazione.
Sapevamo già tutti che l’occupazione di un grattacielo di proprietà di un privato non sarebbe durata molto, ora è il momento di fare un’ottima figura con la giusta exit strategy: troviamo il modo per uscire con stile da quel grattacielo, uscire per strada, trovare un altro luogo, trovare uno spazio, ma prima trovare un fine.


I miei più sentiti complimenti a Virginia! Speriamo che la maggioranza dei Macachi la pensi come lei, abbia questo buon senso e non lasci che il movimento cada vittima del suo spontaneismo, o peggio venga in poco tempo riassorbito, digerito ed avacuato come una delle tante manifestazioni trendy di una città culla delle futili, ricchissime Fashion Houses. 
Staremo a vedere..... 










4 commenti:

  1. Bravo renato : sempre attento e puntuale...
    la mia impressione ieri e' stata positiva. Si c'e' tanta baraonda..idee contrastanti...l'importante
    come scrive Virginia e' di non perdere di vista i punti essenziali. Spero possa essere la scintilla per far esplodere una nuova stagione in quel di Milano. L'idea di avere uno spazio unico dove convergano realta' artistiche/creative diverse non e' certo nuova pero' a Mi nessuno e' mai riuscito a realizzarla..che sia la volta buona ? Ci si vede piu' tardi sotto alla torre..meno male che oggi non tira vento !
    RN

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  2. la forma e la sostanza....il dilemma è il confine tra una politicizzazione necessaria e finalizzata da un lato e una macchinosa, antica, ridondante e paralizzante dall'altro......

    in bocca al lupo a tutti i macachi

    ps: è vero che non esiste uno status per i lavoratori dell'arte, ma è anche vero che chiederci di incastonarci in entità burocratiche non concepite per l'arte e per il vivere di arte è una forzatura che non risolve il problema. quanti musicisti e gruppi teatrali sono intrappolati nell'associazionismo e nella sua gabbia fiscale!!!.....poveri noi (bellissimi!) ornitorinchi, !!!

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  3. Consiglio di leggere un'altrettanta sensata risposta al messaggio di Virginia la quale invece non mi convince appieno. Si tratta di quella di Johnny Serpico che cito per esteso (ma si può leggere insieme ad altri commenti sul blog di Virginia sopra linkato):

    "Può essere condivisibile quello che dici, ma non sono d'accordo sul presupposto da cui parte la tua analisi, che l'occupazione debba avere una finalità immediatamente politica. Questo gesto parte da un esigenza, da uno sfogo quasi naturale che anni di repressione culturale hanno creato nella citttà. Un azione prima del pensiero, uno slancio nel vuoto che anticipa la domanda "se sia giusto o sia sbagliato". Il braccio che si muove prima dello stimolo nervoso. Credo che ora arriverà la parte difficile e più interessante, capire come questo movimento artistico si muoverà, che forma prenderà, da chi sarà popolato. Credo anche tuttavia che questa azione, forse più d'immagine che di contenuto, così clamorosa (quella di occupare un grattacielo) abbia accelerrato e posto in primo piano sull'agenda della politica istituzionale una serie di problematiche che fino ad ora erano state snobbate. Il concetto di bene comune, contro la obsoleta dicotomia bene pubblico/ bene privato, l'idea di riqualificazione degli spazi abbadonati, la nascita di una coscienza culturale anche tra i giovani di questa città è stata schiacciata da anni di berlusconismo e menefreghismo. Può darsi che come dici tu sia un progetto confuso, con errori, un po' retorico, a volte superficiale ma dianime, questo movimento ha dato forza anche a possibili iniziative future fatte da altri soggetti, ha creato una frattura, ha dato una nuova possibilità di convivenza civile. Non sopporto il fatto che tra quelli che ti danno ragione (quindi non mi riferisco a te Virginia che hai vissuto l'occupazione) la stragrande maggioranza è gente che non c'è neanche mai stato nel grattacielo, ne fuori da esso, dopo lo sgombero. I chiacchieroni che imperversano su facebook, che sputano sentenza senza conoscere, che criticano standosene a casa sempre pronti a bollare come radical chic, come moda, come artistoide, ogni operazione minimante interessante e ricca di entusiasmo che avviene a Milano. Io questo lo chiamo qualunquismo. Ed è questo che uccide ogni possibile cambiamento positivo della nostra società. Smettiamola di essere più realisti del re, a volte avere un minimo di sogni e di speranza che le cose possano cambiare serve a cambiarle davvero...bocciare un'esperienza che dura da solo dieci giorni e sbagliato e prematuro. Cosa sarà Macao lo decidera chiunque parteciperà ad esso...chi se ne sta a casa è libero di farlo ma almeno la smetta di sputare sentenze su cose che non conosce..."

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  4. Caro Anonimo,
    io a Macao ci sono stato più volte, prima e dopo lo sgombero. Ne conosco bene le diverse anime, e ne apprezzo lo slancio generoso e il faticoso processo di messa a fuoco delle priorità urgenti ( un luogo, uno spazio : non si può stare in mezzo alla strada, pena il fallimento del progetto "artistico") . Ho apprezzato l'intervento di Virginia vedendone sopratutto la pars construens, Una critica non livorosa ma anzi, appassionata e volta a chiarire che arte e politica sono due facce della stessa medaglia. Che fare arte, in questa città, oggi, significa prendere posizione , indicare come si vuole cambiare le cose per il bene di tutti, mostrare una via d'uscita al tunnel della solitudine e del disinganno . Mi pare che Virginia intendesse dare uno stimolo per intraprendere con maggiore chiarezza e decisione questa strada.

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