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martedì 24 gennaio 2017

FENOMENOLOGIA DEL GENIO MUSICALE: MYUNG WHUN CHUNG



FENOMENOLOGIA DEL GENIO MUSICALE: MYUNG WHUN CHUNG
(Don Carlo alla Scala) 

 Il Maestro Chung è magro come un chiodo. Come uno che si sottoponga a una dura disciplina. Forse fa meditazione o yoga. Ha un corpo secco e scattante ma non sembra muscoloso: anzi a dire la verità le spalle sono un po' cadenti, e la testa forse è un po' troppo grossa rispetto al corpo.
Quando entra nel "golfo mistico" (ahahaha!)  e si avvia al podio passando attraverso le file dei violinisti, ha un'aria che sembra vagamente annoiata, ma non manca mai di dare delle piccole carezze o buffetti amichevoli, anche affettuosi, sulle spalle dei violinisti vicino ai quali passa: a qualcuno lancia, passando, una rapida battuta, chissà cosa gli dice. Arrivato al podio, vi sale dimesso, quasi con l'espressione di uno che si appresti a svolgere un compito noioso, forse persino spiacevole. Accoglie l'applauso del pubblico senza sorridere, come una faccenda che vada espletata nel modo più rapido, informale e indolore possibile: si volge verso il pubblico solo per qualche secondo non di più, non concede ai festeggiamenti che gli vengono tributati di eccedere la brevissima durata che evidentemente lui considera tollerabile.
È vestito di nero, certo, ma non indossa il frack d'ordinanza, e nemmeno quelle giacche esotiche di varia foggia che i suoi colleghi usano, talvolta con esiti estetici imbarazzanti o goffi, nel tentativo di sostituire l'abito da cerimonia tradizionale, ormai antistorico e anche scomodo. Non è per il maestro Chung il pavoneggiarsi sventolando le code del frack come appunto il volatile campione di narcisismo. Evidentemente per lui la direzione è un fatto spirituale, un rito celebrato insieme ai suoi orchestrali: amo pensare che se potesse lo farebbe più volentieri senza che il pubblico lo potesse vedere in azione. 
Veste di nero, certo, ma dimesso, casual: pantaloni senza nastrino laterale,  e semplice T-Shirt sopra la quale una camicia (o golfino leggero) aperto. Un abbigliamento che potrebbe indossare anche per una passeggiata primaverile all'aperto. 
Come detto, non lascia che pochi secondi agli applausi. Anzi qualche volta da' l'attacco SUGLI APPLAUSI, costringendo così il pubblico a smettere di colpo, sulle prime note della musica. Una urgenza interiore lo induce a venire subito al dunque, senza perdersi in convenevoli. 
E non appena la bacchetta si abbassa, siamo precipitati di colpo in un'altra dimensione spirituale, in un tempo metafisico.
E inizia un miracolo continuo.

Difficile spiegare con le parole da dove arrivi questo suono profondissimo che Chung cava da qualsiasi orchestra, nel forte come nel piano, in tutta la vastissima gamma dinamica che sa ottenere. Io l'ho ascoltato dirigere credo cinque diverse orchestre europee, il suono è sempre infallibilmente il suo. O almeno così a me sembra. 
Il braccio ha delle morbidezze estreme, il movimento è sempre rilassato, rotatorio e fluido: materializza plasticamente il legato di frase, con lo stesso movimento che fanno gli strumentisti con il loro arco. Vi è sempre esatta analogia tra il braccio del direttore e quello degli archi, per ogni altro tipo di articolazione possibile: legato, tenuto, sforzato, tratteggiato, detaché, staccato, martellato, spiccato e così via. Chi suona vede nel braccio del direttore un esempio concreto del movimento da applicare all'arco, incluso ogni grado possibile di aderenza alla corda, in ogni grado dinamico. 
Ma il suo braccio ha anche degli scatti felini, rapidissimi. E a volte non si capisce come riesca a ottenere dall'orchestra delle reazioni così istantanee, dei cambi totali di suono di dinamica e di carattere espressivo nello spazio di centesimi di secondo. 
Dei crescendi "esponenziali" che atterriscono per la loro violenza improvvisa;  dei diminuendi abissali, non meno istantanei. 
Non è solo questione di prove, ne sono più che certo. È qualcosa che Chung possiede a prescindere e che può ottenere fin dalla prima lettura. Forse anche grazie al suo fisico asciutto e agli "scatti felini" alla Bruce Lee, se mi si concede l'analogia che, data l'origine orientale del Maestro, non sembra del tutto campata in aria. Quella sorta di movimento ad elastico come una fionda, rapidissimo e agile, che ammiriamo nei campioni delle arti marziali......

Provo a definire a parole la meravigliosa fenomenologia direttoriale del Maestro. 

La prima cosa è una concezione del tempo musicale che va molto oltre le banali suddivisioni di battuta. Anzi, che sembra ignorarle del tutto. 
Chung non dirige ciò che è scritto in partitura, non dirige quei segni organizzati orizzontalmente in compartimenti separati da stanghette, bensì dirige il fenomeno sonoro in sè, rispetto al quale la pura messa in pratica (per quanto precisa) della partitura sarebbe una pallida, lontanissima e pedissequa imitazione astratta. 
In altre parole, dirige EVENTI sonori che accadono in un tempo che non ha nulla a vedere con il tempo del metronomo nè tantomeno con le stanghette di battuta. 
In questo caso (nel Don Carlo) dirige il Tempo del Dramma, il tempo psicologico naturale dei personaggi raffigurati, con le sue oscillazioni, trasalimenti, esitazioni, scatti improvvisi, esplosioni repentine di energia e dissipazioni della stessa. 
La musica, come puro fatto energetico, si fa perfetta mimesi del movimento della psiche umana nelle vicende vissute dai personaggi sulla scena, all'interno della convenzione teatrale pur così profondamente rivoluzionata da Verdi.  
Per questo motivo il tempo che Chung impone alla musica non è mai stabile o meccanico ma sempre ondulatorio e flessibile, anche in quei momenti nei quali dall'esame della partitura uno si aspetterebbe una scansione metronomica, esatta.
 Al contrario, anche in questi pochi momenti il Tempo assume caratteristiche mobili, è sempre direzionato: talvolta con una impercettibile "spinta" in avanti che non dà mai luogo a un vero accelerando, ma solo a una tensione temporale-direzionale interna; altre volte al contrario quasi trattenuto ma senza mai ritardare: solo pigro, solenne, faticato come qualcuno che pedali col freno tirato. Solo chi possiede una acutissima sensibilità sulla natura del Tempo musicale è in grado di gestire con precisione e chiarezza espressiva queste sottilissime sfumature, che conferiscono a ogni situazione drammatico/psicologica il colore sonoro caratteristico, esatto. 
La percezione dei tempi di reazione dell'orchestra è perfetta,  nel forte come nel piano, in tutta la enorme gamma dinamica. 
Quanto ho fin qui raccontato sulla raffinatissima gestione del Tempo musicale e così via, certamente non è qualcosa di nuovo: è la qualità intrinseca dei grandi interpreti, dei grandi artisti. Ma un conto è farlo con il pianoforte o il violino o il quartetto d'archi, tutto un altro conto è ottenerlo da una orchestra di 100 persone, e insieme al palcoscenico sul quale ci sono magari decine e decine di altre persone, i solisti e il coro. Questa è un'impresa che pochissimi  possono realizzare. È qualcosa di veramente magico, che per accadere deve far leva su una componente di comunicativa umana, di coinvolgimento emozionale di tutte le persone interessate.

E qui vengo al secondo punto. 
Il Maestro Chung ha un modo di dirigere che sembra analogo a una meditazione a occhi aperti (ma molto spesso li chiude). Non ho mai visto nessun altro direttore d'orchestra mostrare con il linguaggio del corpo la stessa concentrazione nell'ascolto. Una concentrazione intensissima, come una meditazione profonda. Il braccio e il corpo sono presenti e reattivi, colgono istantaneamente con grandissima economia di movimento i tempi di reazione dell'orchestra, suscitano energia e la veicolano in modo infallibile verso la vita naturale di ogni singola nota, ogni inciso, ogni frase/evento. 
Il viso invece mantiene quasi sempre una espressione assorta, distante: uno stato quasi di trance, di incorporazione totale del senso musicale di ogni singolo evento. Qualche volta si china leggermente e si porta una mano all'orecchio, come per ascoltare con ancora maggiore intensità. È un invito alla sua orchestra : sembra che voglia dire ASCOLTATE! ASCOLTATEVI! È un invito che non ha nulla di tecnico, nulla di scolastico.

In altre occasioni avevo citato una intervista nella quale Chung, in polemica con il divismo del nostro tempo, dichiarava che chi fa veramente la musica, nel rapporto tra direttore e orchestra, è l'orchestra. Certo il direttore può e deve conferire la sua impronta, può far la differenza, questo è ovvio. Ma chi produce materialmente il suono, l'evento sonoro, sono gli strumentisti. 
Verso i quali il Maestro Chung non smette di mostrare un rispetto e direi anche un amore profondo. Due piccoli fatti me l'hanno confermato.
1) all'inizio del II atto (mi pare) sale sul podio e da l'attacco ancora sugli applausi.
Le trombe in orchestra non sono pronte e non suonano le prime note. Il Maestro scuote la testa, ma è per rimproverare se stesso. Sembra dire "che stupido che sono". Poco dopo si volge di nuovo verso le trombe, sempre dirigendo, si punta l'indice al petto, sorridendo dolcemente alza gli occhi al cielo e chiede scusa. 
2) Alla ripresa dopo un intervallo tra un atto e l'altro lo si vede entrare in orchestra con una borsa voluminosa. Cosa conterrà ? Lo si capisce durante il breve cambio di scena a luci basse: il maestro si siede semplicemente sui gradini del podio e  estrae dalla borsa dolci o cioccolatini per tutti, che passano subito di leggìo in leggìo. 
Un modo per dimostrare attenzione e affetto per l'orchestra, impegnata in una lunga recita di cinque ore.
Sono più che certo che il suo amore é ricambiato da tutti coloro che amano e vivono profondamente la musica.

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